Blog di Luciana Briganti
Uno spazio dedicato a riflessioni, esperienze e aggiornamenti sulle battaglie per i diritti umani e la libertà di scelta, offrendo ispirazione e informazioni per chi desidera un mondo più giusto e consapevole
Articoli del blog
DRITTI COME FARI IN MEZZO ALLA TEMPESTA
Perché il vero pericolo è dimenticare
C’è stato un momento, negli ultimi anni, in cui la storia ha smesso di scorrere silenziosa... ha smesso di essere quella che studiavamo sui libri ed ha iniziato a scorrere davanti ai nostri occhi.
Un momento in cui l’umanità si è trovata a un bivio epocale, profondo e irreversibile. Quel momento, per me, è coinciso con la scelta di imporre l’obbligo vaccinale alla popolazione mondiale. Una decisione che ha segnato le coscienze, spaccato le famiglie, diviso i popoli.
Per molti è sembrata una parentesi. Per altri, una misura sanitaria momentanea. Ma per me, è stato un passaggio di civiltà, un punto di svolta tra l’obbedienza cieca e la libertà interiore...
IL RISPETTO DEI MORTI
Mi è sempre sembrato assurdo – e ipocrita – questo culto collettivo del "rispetto per i morti", quando in realtà lo si usa solo per i morti che fa comodo chiamare in causa ad una certa parte.
Vedasi i morti ebrei vs i morti palestinesi.
Vedasi i morti ucraini europeisti vs i morti ucraini russofoni.
Vedasi i "morti di Brescia" vs i morti da reazione avversa al vaccino.
e così via...
Viviamo in una società che si indigna a comando, a seconda del tipo di morte, del morto in questione e della narrativa che lo accompagna. Ci sono morti di serie A e morti di serie B. E il metro di misura sembra essere la popolarità, la convenienza, la fedeltà alla narrazione dominante del Sistema di Potere che ci governa...
I DIRITTI NON SI METTONO AI VOTI, SI CONQUISTANO E SI DIFENDONO!
Si, perché IL LAVORO DIGNITOSO è un DIRITTO!
L'articolo 1 della nostra Costituzione, dice che “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”! Dunque vi pare normale mettere in discussione ciò che dovrebbe essere intoccabile, evidente, sacrosanto, attraverso un voto?
Il diritto al lavoro stabile, sicuro e dignitoso non è un favore da chiedere alle urne. È una conquista sociale storica che oggi si vuole ridurre a un sondaggio di opinione!...
QUANTO CI COSTA IL RIARMO EUROPEO
Questa “corsa al riarmo” per “difendere l’Europa” ha un prezzo altissimo per un paese come il nostro, dove lo Stato sociale si sta ritirando (sanità, scuola, pensioni) mentre aumenta il valore delle azioni delle aziende che producono armi. I grandi fondi finanziari guadagnano due volte: con le armi e con le polizze private che i cittadini saranno costretti a comprare per curarsi o andare in pensione...
UN TRADIMENTO AI NOSTRI ANTENATI
Il Decreto Legge che Impedisce ai Discendenti Italiani il Riconoscimento della Cittadinanza
Nella città dove sono nata esiste una comunità italiana ben radicata!
Mio nonno è nato a Trieste e mia nonna era bolognese. Sono cresciuta con le lasagne, i tortellini, le piadine, tutto fatto a casa dalla miglior cuoca che io abbia mai conosciuto: Gemma Palmieri, mia nonna! Tutte le domeniche mangiavo italiano, parlavo italiano, respiravo italiano a casa dei miei nonni. Ho frequentato una scuola italiana fin dall'asilo, proprio come mio padre prima di me. I miei genitori volevano mantenessimo le radici italiane, così come tutti i trisnonni, bisnonni, nonni, genitori e cittadini italiani residenti all'estero!...
LA SOVRANITÀ APPARTIENE AL POPOLO
Il Popolo e il Potere: Quando i Governi si Dimenticano della Base
Una verità fondamentale della politica è che senza il popolo, senza il sostegno della base, i vertici non hanno alcun potere reale. Tuttavia, nella politica moderna, questa consapevolezza sembra essere stata dimenticata, con un divario sempre più profondo tra il volere dei cittadini e le decisioni di chi governa...
HA STATO PUTIN?
Le operazioni di false flag, ovvero attacchi o eventi orchestrati per attribuirne la responsabilità a qualcun altro e giustificare azioni politiche o militari, sono state ipotizzate o dimostrate in diversi momenti della storia. Alcune di queste sono documentate, mentre altre rimangono sospette, ma prive di prove inconfutabili.
Ora, visto che io dubito che la Russia invada un paese europeo, secondo come potrebbero giustificare la nostra entrata in guerra contro la Russia?
Io ipotizzo che potrebbero pensare un blackout disastroso in qualche paese europeo per attribuire la colpa del sabotaggio ad hacker russi per giustificare l'invio di militari europei in Ucraina. Vedremo... intanto vi lascio le più note FALSE FLAG (sospette e reali) occidentali:
GUERRA E PROPAGANDA
La Propaganda di Guerra: Strumenti e Strategie dei GoverniQuando un governo decide di entrare in guerra contro un'altra nazione, ha bisogno di legittimare il conflitto agli occhi dell'opinione pubblica e di mobilitare il sostegno della popolazione. Per farlo, utilizza la propaganda di guerra, un insieme di strategie di comunicazione mirate a manipolare la percezione della realtà e a costruire una narrazione favorevole agli interessi del potere.
Ma come funziona? E quali mezzi vengono impiegati?...
IDEE IN AZIONE
Viviamo in un’epoca in cui la politica è spesso percepita come un’arena di scontri più che come uno strumento concreto per migliorare la società. Molti si avvicinano a un partito politico perché cercano un’identità, una bandiera sotto cui riconoscersi, un “cappello” che dia loro appartenenza. Ma per me non è così, per me il partito politico è uno strumento con il quale molte persone con le idee ben chiare possono incidere nelle decisioni politiche del proprio paese...
L'ITALIA E IL RIARMO EUROPEO
Mentre alcuni scherzano sul riarmo europeo, la realtà è che una guerra contro la Russia senza il supporto degli USA significherebbe la fine immediata dell’Europa. Spingere per gli armamenti non è difesa, ma una provocazione pericolosa.
L’Italia deve pensare al proprio futuro con intelligenza: non siamo una potenza militare, ma una potenza culturale e artistica. Il nostro vero scudo? La nostra storia, le nostre bellezze e la nostra creatività.
Dobbiamo essere un’oasi di pace, un ponte diplomatico tra le nazioni e restare neutrali come la Svizzera. Il nostro futuro è nella cooperazione e nella valorizzazione della nostra identità. Mantenere i nervi saldi e rifiutare la guerra è la scelta giusta per il bene dell’Italia e del mondo...
UNA MEMORIA MANIPOLATA
La storia è il fondamento su cui costruiamo la nostra identità collettiva, il punto di riferimento per comprendere il presente e orientare il futuro. Tuttavia, quando il revisionismo storico si intreccia con la cancel culture, la narrazione del passato può diventare un'arma di controllo dell'opinione pubblica. Invece di essere un processo di ricerca della verità, il revisionismo può trasformarsi in una forma di riscrittura selettiva della storia, adattata agli interessi del potere dominante...
DRESS CODE NEI LUOGHI STORICI
In contesti di alta caratura istituzionale e storica, il dress code non è semplicemente una questione di abbigliamento, ma un elemento fondamentale del protocollo e della cultura. Le regole sartoriali adottate in luoghi come la Stanza Ovale della Casa Bianca, il Vaticano e altri spazi emblematici riflettono decenni – e in alcuni casi secoli – di tradizione, rispetto e rappresentanza del potere. In questo articolo esploreremo come il dress code contribuisca a conferire autorità, decoro e continuità nelle riunioni e nelle cerimonie più importanti...
FUORI DALL'EURO
In un periodo di crescenti tensioni globali e di crisi economiche che mettono in luce limiti strutturali, l'Italia potrebbe trarre vantaggio dall'uscire dall'Unione Europea? Analizziamo alcune argomentazioni a favore dell'ItalExit...
DIVENTIAMO I FACT-CHECKER'S DI NOI STESSI
Viviamo in un'epoca in cui le immagini e i video possono essere facilmente manipolati, generati dall'intelligenza artificiale o distorti per scopi propagandistici. In tv, sui social media, e persino nella vita reale, sempre più persone credono ciecamente a ciò che vedono, senza porsi domande o verificare le fonti. Questa superficialità è pericolosa, perché porta alla diffusione di fake news, alimenta la polarizzazione e rende la società sempre più vulnerabile alla manipolazione...
PERCHE' E' IMPORTANTE PARTECIPARE
Marinella Mondaini ha recentemente rilasciato un'intervista dove intendeva promuovere il dibattito pubblico sulla guerra in Ucraina, il 22 febbraio a Rimini si terrà la proiezione del docufilm "I Bambini del Donbass", un'opera che offre una prospettiva alternativa sul conflitto ucraino, raccontando la guerra attraverso gli occhi dei bambini e del popolo russofono. Tuttavia, Il Resto del Carlino non ne ha fatto menzione ed il giorno dopo ha pubblicato un breve articolo contro le posizioni espresse dalla Mondaini...
ESEMPI DA SEGUIRE
La politica non è un'entità separata dalla nostra vita quotidiana, ma il riflesso delle coscienze che compongono una società. Se oggi vediamo corruzione, menzogne e opportunismo ai vertici, non dovremmo forse chiederci in che misura questi stessi mali siano radicati nel tessuto sociale? Non possiamo limitarci a condannare i governanti senza prima guardare dentro di noi e riconoscere le piccole e grandi scelte che contribuiscono a mantenere questo sistema così com'è. Ma la domanda vera è: che cosa possiamo fare Noi per cambiare la situazione odierna?...
LIBERTA' DI STAMPA vs CONTROLLO DELL'INFOMAZIONE
In un'epoca in cui l'informazione dovrebbe essere il pilastro della democrazia, emerge una realtà preoccupante: chi si discosta dalla narrativa dominante fatica a trovare spazio nei media tradizionali. Questa esclusione sistematica non solo limita il dibattito pubblico, ma manipola anche l'opinione collettiva, influenzando in modo distorto i risultati elettorali...
UN'OPERA MANCATA
A Rimini, nel 2010, l’amministrazione Ravaioli presentò un progetto ambizioso e innovativo, capace di trasformare il volto della città: un tunnel lungo 300 metri, alto 5 metri e largo 11, progettato per collegare la Circonvallazione Occidentale con Viale Tiberio e permettere la pedonalizzazione del Ponte di Tiberio. Un’opera pensata per migliorare la mobilità, proteggere il patrimonio storico e garantire la sicurezza dei cittadini, con un costo stimato di 15 milioni di euro e la promessa di essere realizzata senza creare disagi alla circolazione...
UN FENOMENO DA INDAGARE
Negli ultimi due o tre anni si è registrata, secondo alcune osservazioni e dati preliminari, una crescita dei casi di morti improvvisi nel nostro Paese. Un fenomeno che ha suscitato preoccupazione e dibattito sia tra gli esperti che nell'opinione pubblica.
Questo tema, tanto delicato quanto complesso, merita una riflessione approfondita, senza scartare aprioristicamente, tra le molteplici variabili che possono influire su un evento così tragico e inatteso, anche i possibili eventi avversi della recente campagna di vaccinazione di massa contro il Covid...
LA FORZA DEL VERO ALTRUISMO
In un’epoca in cui spesso il gesto altruistico viene strumentalizzato per fini personali, è fondamentale riscoprire e valorizzare il vero altruismo, quello che nasce da un sincero desiderio di contribuire al benessere della collettività. Come riconoscere il vero altruismo e coltivarlo, per contribuire a una società più solidale, autentica e meno egocentrica?...
IL DOPPIO STANDARD DELL'OCCIDENTE
Nel panorama geopolitico mondiale, è evidente come l'Occidente adotti spesso un atteggiamento di "due pesi e due misure" quando si tratta di guerre, invasioni e violazioni della sovranità nazionale. Ciò che viene condannato in alcuni contesti è giustificato in altri, spesso con la retorica dell’ “esportazione della democrazia” o degli “interventi di pace”, dietro cui si celano invece interessi economici e strategici ben precisi...
INTELLIGENZA ARTIFICIALE vs ARTIGIANATO
Negli ultimi anni abbiamo assistito a un cambiamento radicale nel panorama lavorativo: l'avvento dell'intelligenza artificiale e della digitalizzazione ha progressivamente preso il sopravvento su numerosi settori, ma c'è un aspetto che desta particolare preoccupazione. Mentre la tecnologia corre a passi da gigante, i mestieri manuali – quelli dell’idraulico, elettricista, caldaista, falegname, muratore e tanti altri – sembrano destinati a scomparire, perché i giovani di oggi non vedono più in questi lavori una prospettiva allettante...
IL DIRITTO ALLA RESISTENZA
Nel dibattito costituente che ha segnato la nascita della Repubblica Italiana, si discusse di un tema tanto radicale quanto attuale: l’idea di inserire nella Costituzione un articolo che inviti il popolo a resistere e a combattere nel caso in cui lo Stato oltrepassasse i propri limiti, degenerando in tirannia. Sebbene la proposta non sia mai entrata a far parte della Carta, essa rimane un punto di riflessione fondamentale, soprattutto in un’epoca in cui la disaffezione verso la vita democratica sembra dilagare...
CAVIE UMANE
L’ex ministra della Salute Beatrice Lorenzin durante "l'emergenza Covid" si è espressa con decisione sull’utilizzo sperimentale degli anticorpi monoclonali per il trattamento precoce del Covid-19, proponendo una strategia che solleva non poche perplessità. Secondo le sue dichiarazioni, i monoclonali andavano somministrati "prima possibile ai lungodegenti nelle RSA e ai pazienti più fragili", sottolineando che gli strumenti normativi erano già disponibili, grazie a leggi da lei stessa introdotte...
IL POTERE DEL POPOLO
Mai come oggi abbiamo una dimostrazione chiara di chi detiene davvero il potere nel mondo: i cittadini, i consumatori, le persone comuni. La vicenda del boicottaggio della Bud Light a seguito della sua controversa campagna pubblicitaria ce lo dimostra con un impatto economico tangibile: 5 miliardi di dollari bruciati. E tutto per una scelta che il pubblico non ha condiviso...
DOMENICO ARCURI ASSOLTO
E così, con un colpo di spugna degno dei migliori illusionisti, l’ex commissario straordinario per l’emergenza Covid-19, Domenico Arcuri, esce pulito dal caso mascherine. Non perché le accuse fossero infondate, non perché la gestione dell’affare da 1,25 miliardi di euro fosse limpida come l’acqua di sorgente, ma perché... l’abuso d’ufficio non è più un reato! Sì, avete letto bene. La riforma Nordio ha deciso che certe cose non sono più perseguibili. Risultato? Tutti a casa, nessuno è colpevole, avanti il prossimo...
MELONI NEL MIRINO
L'annuncio dell'indagine a carico della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha scatenato un'ondata di speculazioni sul significato politico di questa vicenda. L'inchiesta, legata al caso del generale libico Almasri, ha riportato al centro del dibattito il ruolo della magistratura nel bilanciamento dei poteri e le tensioni storiche tra potere politico e giudiziario in Italia...
L'IMPORTANZA DEL VOTO
Parte 2
Donald Trump ha annunciato che gli Stati Uniti lasceranno l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 2026, una decisione che scuote le fondamenta della politica sanitaria globale. Non sorprende che questa mossa abbia già avuto eco anche in Italia, dove la Lega, attraverso esponenti come Claudio Borghi e Alberto Bagnai, ha dichiarato di voler seguire l’esempio americano, proponendo un'uscita del nostro Paese dall’OMS. Ma cosa significa davvero questa dinamica?...
UN VUOTO DI RAPPRESENTANZA POLITICA
Negli ultimi anni abbiamo assistito a una crescente proliferazione di comitati cittadini, gruppi spontanei che si organizzano per portare avanti istanze e problematiche percepite come ignorate dalle amministrazioni pubbliche. Questo fenomeno non è casuale, ma il frutto di un malessere profondo che si radica nella disillusione dei cittadini nei confronti della politica tradizionale. Le ragioni di questa mobilitazione collettiva sono molteplici, ma possono essere ricondotte principalmente a tre aspetti: la mancata rappresentanza, l’insensibilità delle istituzioni verso le necessità quotidiane e la prevalenza di interessi economici nella pianificazione urbana...
LA POLITICA COME PERCORSO EVOLUTIVO
Nella mia vita ho sperimentato che la realtà esterna è differente per ciascuno di noi. Questo fatto riconsegna la responsabilità ed il potere nelle mani di ogni individuo.
Prendiamo come esempio lo Stato, che per alcuni viene percepito come un Padre che si prende cura del bene comune, mentre per altri è come un tiranno autoritario sul quale il cittadino non ha alcun potere. Per me lo Stato è come i cittadini sono in grado di crearlo...
NELLE GRAZIE DI BIDEN
Perché le grazie dell'ultimo minuto sollevano così tante domande?
Il 20 gennaio 2025, mentre Donald Trump giurava come 47° presidente degli Stati Uniti, il mandato di Joe Biden si concludeva con un atto destinato a far discutere: una serie di grazie presidenziali concesse negli ultimi minuti della sua amministrazione. Tra i beneficiari spiccano 5 membri della sua famiglia, Anthony Fauci, il generale in pensione Mark Milley e alcuni membri della commissione d'inchiesta sull'insurrezione del 6 gennaio 2021...
IL DIETRO LE QUINTE
Ci sono momenti nella vita in cui ci si rende conto di aver trascorso molto tempo a sostenere gli altri, spesso lavorando dietro le quinte per aiutarli a raggiungere i loro obiettivi, che erano anche i miei. Per anni ho dedicato il mio tempo e le mie energie a persone che col tempo notavo volersi mettere in evidenza più di quanto non desiderassero aiutare la causa comune, ho offerto loro il mio supporto e le mie competenze, anche quando sapevo di poter fare altrettanto bene, se non meglio, se fossi stata al loro posto...
RIPRENDERE IL CONTROLLO DELLA POLITICA
La politica può e deve rappresentare un percorso di realizzazione personale e collettiva. Ogni cittadino raggiunge una piena espressione di sé quando assume consapevolmente la responsabilità delle dinamiche che avvengono nel proprio Paese. Non si tratta più di essere un numero anonimo in una struttura statale, ma di comprendere che è il cittadino a dare forma allo Stato, e non viceversa. La salute dello Stato dipende direttamente dall'impegno e dalla consapevolezza di chi lo compone...
CAMBIO STRADA PER RESTARE FEDELE AI MIEI IDEALI
Dopo anni di impegno, sacrifici e speranze condivise, è con grande rammarico che il 2 agosto 2024 ho deciso di prendere le distanze dal movimento politico al quale ho dedicato cinque anni della mia vita. Non è una decisione che ho preso alla leggera, ma il senso di responsabilità nei confronti degli ideali in cui credo e delle persone con cui ho lavorato fianco a fianco mi obbliga a raccontare cosa è successo...
LA CENSURA Parte 3
Negli ultimi anni, la campagna di vaccinazione di massa contro il COVID-19 è stata al centro di un dibattito globale. Tuttavia, mentre la narrazione ufficiale spingeva per l'adozione universale dei vaccini come unica via d'uscita dalla pandemia, emergono sempre più testimonianze e documenti che mettono in luce come le autorità sanitarie e politiche abbiano occultato informazioni cruciali, censurato notizie e manipolato il flusso delle informazioni al pubblico.
Questi episodi, oltre a sollevare dubbi sulla trasparenza e l'etica delle istituzioni, evidenziano un problema sistemico: in nome dell'emergenza sanitaria e della "lotta alla disinformazione", sono state silenziate voci che chiedevano semplicemente cautela e una valutazione equilibrata dei rischi e dei benefici...
SICUREZZA VS LIBERTA'
In nome della sicurezza e dell'ordine pubblico, il governo italiano sta proponendo normative che ridefiniscono profondamente il rapporto tra forze dell'ordine, giustizia e cittadini. L'introduzione di uno scudo penale per i poliziotti in servizio nelle piazze – voluto dal governo Meloni e legato a episodi recenti come l'uccisione di un giovane armato di coltello a Villa Verucchio da parte di un maresciallo – rappresenta un punto di svolta che solleva interrogativi etici, giuridici e politici...
LA CENSURA Parte 2
Viviamo in un'epoca in cui la libertà di espressione è spesso invocata come un diritto fondamentale e irrinunciabile, ma paradossalmente è anche una delle libertà più frequentemente limitate, sia dalle istituzioni che dagli stessi cittadini. Si parla molto della censura esercitata dai governi o dalle grandi piattaforme tecnologiche, accusate di soffocare il dibattito pubblico, ma c'è un aspetto meno discusso e altrettanto significativo: la censura "dal basso", operata dagli utenti stessi sui social media...
LA CENSURA Parte 1
Negli ultimi anni, in Italia e in Europa, si è assistito a un incremento preoccupante di pratiche censorie che mettono a rischio il diritto fondamentale alla libertà di espressione. Decisioni politiche e regolamentazioni stringenti stanno progressivamente limitando il dibattito pubblico su temi cruciali, creando un clima in cui il dissenso è percepito come una minaccia da reprimere piuttosto che come un'opportunità di crescita democratica...
IL MIO IMPEGNO

Spesso mi ritrovo ai gazebo a parlare con le persone, a chiedere una firma per una petizione o per partecipare alle elezioni locali, regionali o nazionali, ed alcuni mi dicono: "con la politica non si risolve nulla", con questo articolo voglio mettere nero su bianco la risposta che do a tutti coloro che mi sollevano obiezioni simili...

LETTERA A ME STESSA


C'è un momento nella vita in cui ci rendiamo conto di aver passato troppo tempo per spiegare, giustificare e difendere il nostro punto di vista. Un momento in cui ci accorgiamo che non importa quanto ci sforziamo di farci capire: ci saranno sempre persone che interpreteranno le nostre parole secondo la loro narrativa, distorcendo la nostra verità per adattarla ai loro scopi...
LA RANA BOLLITA
Hai mai sentito parlare della "metafora della rana bollita"? È un'analogia spesso utilizzata per descrivere il comportamento umano di fronte ai cambiamenti graduali che portano al deterioramento di situazioni personali o collettive. Sebbene non abbia fondamenta scientifiche, questa immagine è largamente impiegata in ambito psicologico e sociale per illustrare come l'inerzia e l'adattamento possano diventare pericolosi...
L'IMPORTANZA DEL VOTO
Parte 1
L'atto di votare non è semplicemente un diritto, ma è uno degli strumenti più potenti che un cittadino ha per influenzare le politiche del proprio Comune, della propria Regione o del proprio Paese. Partecipare alle elezioni significa esercitare un diritto acquisito grazie alle lotte dei nostri antenati, significa esercitare il proprio potere decisionale e contribuire attivamente alla costruzione del futuro economico e sociale della propria comunità...
UN FUTURO SENZA RADICI
In un'epoca di accelerazioni tecnologiche, connessioni globali e omologazioni culturali, il futuro sembra sfuggirci di mano, apparendo sempre più vago e indefinito. Eppure, in questo scenario, il recupero delle radici culturali e identitarie non è un gesto nostalgico, ma una necessità vitale. Senza radici non possiamo costruire un futuro autentico: restiamo sospesi in una realtà fatta di uniformità e superficialità, incapaci di comprendere noi stessi e gli altri...
EDUCHIAMO AL CORAGGIO
Viviamo in un'epoca di trasformazioni profonde e spesso disorientanti. La globalizzazione, un fenomeno che molti associano esclusivamente all'economia, si è infiltrata nella nostra quotidianità in modi più subdoli e pervasivi. Non si tratta solo di mercati unificati, ma di desideri uniformati, comportamenti standardizzati e, soprattutto, di un progressivo appiattimento del pensiero individuale...
ISTINTO vs RAGIONE
Ci sono momenti nella vita in cui ci troviamo a fare i conti con una verità scomoda: non sempre le persone sono ciò che sembrano. Anni trascorsi a dedicare tempo, energie e risorse ad aiutare chi pensavamo meritasse il nostro supporto possono trasformarsi in delusioni cocenti quando scopriamo che quelle persone non erano come le avevamo immaginate. È un'amara presa di coscienza, ma è anche un'opportunità per crescere e imparare...
DALLE ANDE ALLE ALPI
Nel 1989, la mia famiglia prese una decisione che avrebbe segnato per sempre il nostro destino: lasciammo l'Argentina, in preda a una crisi economica senza via d'uscita, per cercare un futuro più stabile in Italia. Mio padre, discendente di italiani emigrati dopo la Seconda Guerra Mondiale, aveva sempre coltivato il sogno di tornare nella terra dei suoi antenati. Quell'anno, quel sogno divenne una necessità, un imperativo per rinascere...
CRISI vs OPPORTUNITA'
Nella vita, ci troviamo spesso di fronte a momenti in cui tutto sembra fermarsi. Una porta che si chiude può rappresentare la fine di un progetto, di una relazione o di un capitolo importante della nostra esistenza. Di fronte a queste situazioni, è normale provare smarrimento o persino disperazione. Tuttavia, se impariamo a guardare oltre, possiamo scoprire che, dietro quella porta chiusa, si nasconde un portone pronto ad aprirsi, regalandoci nuove possibilità...

LA RABBIA

Guardiamoci attorno: egoismo, ostilità e indifferenza dominano. Sempre più persone appaiono frustrate, incapaci di trovare un senso di soddisfazione. Questo malessere si manifesta con durezza: pronti a giudicare, a cercare il difetto negli altri, a puntare il dito con severità...
Dritti come fari in mezzo alla tempesta
C’è stato un momento, negli ultimi anni, in cui la storia ha smesso di scorrere silenziosa... ha smesso di essere quella che studiavamo sui libri ed ha iniziato a scorrere davanti ai nostri occhi.
Un momento in cui l’umanità si è trovata a un bivio epocale, profondo e irreversibile. Quel momento, per me, è coinciso con la scelta di imporre l’obbligo vaccinale alla popolazione mondiale. Una decisione che ha segnato le coscienze, spaccato le famiglie, diviso i popoli.
Per molti è sembrata una parentesi. Per altri, una misura sanitaria momentanea. Ma per me, è stato un passaggio di civiltà, un punto di svolta tra l’obbedienza cieca e la libertà interiore.

Da anni sentivo parlare di "Speciazione", ma non sapevo quando sarebbe avvenuta. Poi ho Visto. Due gruppi, due strade:
Primo gruppo - Coloro che si sono sottoposti alla vaccinazione. Con dei distinguo tra chi ha appoggiato l’obbligo vaccinale, spesso in modo entusiasta, convinti di difendere la collettività e "seguire la scienza" e chi, pur contrario all'obbligo, si è sentito costretto a cedere al ricatto, per non perdere il lavoro, la scuola, la vita sociale o perfino la libertà di spostarsi.
Secondo gruppo - Coloro che non si sono piegati, e hanno scelto di pagare sulla propria pelle il prezzo del dissenso. Persone che in molti casi hanno perso attività, lavoro, amicizie, familiari, ma non la dignità.

Io faccio parte del secondo gruppo. E più passa il tempo, più mi convinco che proprio in questa minoranza risieda la forza morale che può cambiare il mondo.

Questa minoranza ha dimostrato di avere il coraggio di restare in piedi quando tutti si "piegavano". Questa minoranza ha resistito alla pressione sociale, politica, mediatica e perfino familiare, ed ha dovuto affrontare un isolamento profondo. Chi ha fatto questa scelta è stato deriso, accusato, censurato, discriminato per anni.
Ma non si è piegato davanti a tale pressione.

Questa minoranza ha dimostrato forza psicologica, indipendenza spirituale, e la capacità di Sentire e Seguire la propria voce interiore che ti dice “no”, anche quando tutto il mondo ti spinge a dire “sì”.
Molti di noi hanno riconosciuto i segnali, le dinamiche, i toni che i nostri nonni ci hanno raccontato. Abbiamo rivisto, in ciò che stava accadendo, le stesse dinamiche di altri periodi bui della storia. La stessa dinamica psicologica di chi salutava col braccio teso il Duce o Hitler, ha colpito chi si è messo in fila col braccio teso per un’iniezione, non perché sapeva, ma perché le autorità gli hanno detto di farlo, che era giusto e che chi non lo faceva era irresponsabile, pazzo, incosciente, in definitiva: una pessima persona ed un pericolo per la società.

Ricorderemo sempre che chi osava contrapporsi al diktat politico-sanitario veniva additato, ridicolizzato, espulso, escluso, poco importava se era adulto o bambino. Il Vaccino era diventato una medaglia che certificava il bravo cittadino, poi un passaporto da esibire per essere ammessi alla vita sociale... e nessuno dei favorevoli al vaccino si è accorto delle somiglianze tra ciò che accadeva agli ebrei durante il nazismo (la stella di David al petto che li rendeva riconoscibili, i cartelli ai negozi che dicevano: vietato l'ingresso a ebrei e cani, i lasciapassare... e ciò che stavano subendo le persone che non avevano aderito alla campagna vaccinale di massa, nemmeno i cittadini ebrei, che dovrebbero avere memoria delle discriminazioni, delle persecuzioni e delle sperimentazioni farmaceutiche alle quali venivano sottoposti i loro antenati.

Oggi provo compassione per chi ha obbedito ciecamente alla narrazione ufficiale. Non giudico chi ha scelto di vaccinarsi, molti lo hanno fatto in buonissima fede, senza mai farsi una domanda, perché non avevano strumenti per leggere oltre il telegiornale, oltre il medico, oltre il familiare ansioso. Molti ne stanno pagando le conseguenze nella propria salute. Molti stanno soffrendo per la perdita di un loro caro a causa degli effetti avversi fatali. Ma hanno creduto alle parole dei medici e dei politici, ai testimonial, agli influencer, ai giornalisti, agli opinionisti... come si crede a qualcuno di cui ti fidi, ad un genitore o a un’autorità. A loro va la mia compassione, non il mio disprezzo. Ma è giusto avere memoria e chiedere giustizia, di non negare o censurare chi si è ammalato (in alcuni casi è morto) a causa delle reazioni avverse da vaccino.

Le vere responsabilità della politica, della classe medica, dei vili affaristi

Se è giusto essere compassionevoli con il popolo, non si può dire lo stesso dei medici, dei politici, delle case farmaceutiche e dei mass media. Chi sapeva e ha taciuto. Chi ha imposto, mentito, manipolato, dovrebbe essere processato. Chi ha venduto la verità per potere, carriera o profitto dovrebbe essere processato e di certo non premiato dal Presidente della Repubblica. Il sospetto fondato — e ormai in molti casi documentato — è che le case farmaceutiche abbiano agito con le stesse logiche di sempre: profitto sopra la salute, e lobbying sopra la democrazia.

Del resto, la storia non si cancella: fu proprio l’ex ministro della salute Francesco De Lorenzo a prendere una tangente da una nota casa farmaceutica per rendere obbligatorio il vaccino contro l’epatite B nei neonati. Vaccino ancora obbligatorio nonostante non vi siano pericoli epidemici che ne provano la necessità e nonostante tale obbligo sia frutto di una tangente. Per non parlare della legge sull'obbligo vaccinale pediatrico, la cosiddetta Legge Lorenzin, che doveva essere ridiscussa ogni 3 anni ma ancora è vigente senza ulteriori discussioni. Siamo sicuri che per questi obblighi il processo decisionale sia stato trasparente dato che i contratti sono segretati? Forse il tempo ci darà la risposta, anche grazie ai non vaccinati che restano e resteranno il "gruppo di controllo e confronto" su queste tematiche.

Dunque chi ha resistito al fascismo sanitario, alla propaganda h24, non lo ha fatto e non lo fa perché era o è comodo, anzi. Lo ha fatto e lo fa perché sa che la libertà costa e va difesa. E chi ha resistito al ricatto del green pass, dell'obbligo vaccinale, della gogna mediatica, ha agito con lo stesso spirito.
Noi siamo quelli che non hanno dimenticato come si fa a dire "NO". E solo chi ha questo spirito può salvare ciò che resta della libertà, della scienza vera e della democrazia nel nostro paese e nel mondo. Dunque non credo di esagerare quando affermo che il futuro dipende da noi. Da coloro che hanno difeso la Verità, la giustizia e soprattutto di memoria nei periodi più bui. E se vogliamo evitare che accada di nuovo (o di peggio), dobbiamo continuare a raccontarlo, a scriverlo, a tramandarlo, a futura memoria. Perché il vero pericolo è dimenticare.

Rimini, 24/04/25
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"Il rispetto per i morti"... Ma solo per alcuni
Mi è sempre sembrato assurdo – e ipocrita – questo culto collettivo del "rispetto per i morti", quando in realtà lo si usa solo per i morti che fa comodo chiamare in causa ad una certa parte.
Vedasi i morti ebrei vs i morti palestinesi.
Vedasi i morti ucraini europeisti vs i morti ucraini russofoni.
Vedasi i "morti di Brescia" vs i morti da reazione avversa al vaccino.
e così via...

Viviamo in una società che si indigna a comando, a seconda del tipo di morte, del morto in questione e della narrativa che lo accompagna. Ci sono morti di serie A e morti di serie B. E il metro di misura sembra essere la popolarità, la convenienza, la fedeltà alla narrazione dominante del Sistema di Potere che ci governa.

Un caso emblematico: Bergoglio e il dolore mediatico a comando

Prendiamo la morte di un personaggio come Bergoglio. Se anche solo osi dire di non provare dolore o di non sentirti coinvolto emotivamente, vieni tacciato di disumanità, eresia, cinismo.
Per molti, non mostrare "cordoglio ufficiale" equivale a un’offesa personale. Ma poi ti chiedi: dov’era tutto questo cordoglio quando moriva una ragazza di 18 anni come Camilla Canepa? Dov'è tutto questo cordoglio di fronte alla morte di migliaia di bambini nel mondo a causa delle guerre, della violenza, della mala nutrizione, delle reazioni avverse ai vaccini/farmaci, ecc?... ma soprattutto: perché certe morti dovrebbero essere più rispettate di altre?

Camilla Canepa: sacrificata nel silenzio

Aveva 18 anni Camilla! Ed morta dopo una sola dose di vaccino durante gli Open Day: la vaccinazione covid aperta ai giovani. Non era malata! Il Covid, per lei, sarebbe stato probabilmente poco più di un raffreddore. Eppure si è immolata "nel nome di una narrazione martellante", imposta a reti unificate:
- “Il vaccino è un atto d’amore” – Bergoglio
- “Chi non si vaccina si ammala e fa morire gli altri” – Mario Draghi
- “È l’unica arma sicura ed efficace” – Istituzioni, medici, media...
Non ha deciso davvero: ha firmato un consenso molto poco informato ed ha obbedito a un messaggio continuo, pressante, totalizzante. Ma per lei, nessun lutto nazionale. Nessuna piazza. Nessun omaggio solenne. E per chi osa parlarne, mettere in guardia i giovani e ricordare la sua fine infausta, censura e fastidio. Io stessa quando ne parlai qui su facebook ebbi mesi e mesi di censura.

Due pesi, due misure

È facile chiedere rispetto per chi muore con una tonaca, un titolo o una benedizione istituzionale. È più difficile riconoscere la morte di chi è stato strumentalizzato, convinto, spinto e poi dimenticato.
Chi si sdegna per la mancanza di cordoglio verso Bergoglio, ma non versa una lacrima per Camilla e per i tanti giovani danneggiati da una campagna vaccinale cieca e ossessiva, non sta difendendo la dignità della morte, ma solo la narrazione che gli fa più comodo servire e di certo non è degno del mio rispetto che sono un'Anima ed una persona Viva e pensante!

La sacralità a comando

Dicono che “non bisogna parlare male dei morti”. Ma allora non si dovrebbe neppure mentire ai vivi per spingerli a scelte potenzialmente fatali. Non si dovrebbe tacere su certe morti dovute a chi ha preso certe decisioni ed ha espresso certe posizioni politiche. Non sentite la puzza dell'ipocrisia davanti alle morti scomode che vengono insabbiate, occultate, censurate? Non vi indignate per quelle morti?

Il rispetto per la morte, se non è uguale per tutti, non è rispetto.
È solo propaganda travestita da commozione! Ed ai miei occhi voi non siete dissimili ai Farisei ipocriti!

Chi piange Camilla?

Camilla non aveva un palazzo, un pulpito o un esercito di giornalisti a proteggerla. Aveva solo 18 anni. Aveva la sua fiducia nel mondo. E l’ha pagata con la vita. Per lei non c'è un Papa che parli. Nessun Draghi, nessun Speranza, nessun medico o giornalista professionista che chieda scusa. Nessuna istituzione che riconosca l’errore!

E chi prova a ricordarla viene zittito con la stessa violenza con cui si è imposto il silenzio su tutti i morti scomodi di questi anni.

Se davvero crediamo nel rispetto per i morti, cominciamo da chi è morto per colpa della fiducia che aveva nei politici, nei preti, nei medici, nei giornalisti, nel Sistema intero che lo ha usato e tradito, e che dopo la morte lo ha tradito ancora non trovando i responsabili di quella morte annunciata ed ancora oggi fa orecchie da mercante e dovrebbe essere frustato nella pubblica piazza per la propria codardia!

Luciana Briganti condannata più volte all'oblio dai social per avere sostenuto con convinzione e fino in fondo le mie idee.

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Gesù e gli ipocriti

37-38 Dopo che ebbe finito di parlare, un Fariseo lo invitò a pranzo. Quando Gesù arrivò, si sedette subito a tavola, senza aver prima rispettato il rito di lavarsi le mani, richiesto dalla tradizione ebraica. Il Fariseo ne fu molto sorpreso.
39 Allora Gesù gli disse: «Voi Farisei vi preoccupate di lavare lʼesterno, ma allʼinterno siete sporchi, pieni di avidità e cattiveria! 40 Sciocchi! Non è stato forse Dio a fare sia lʼinterno che lʼesterno? 41 La purezza si dimostra meglio con la generosità!
42 Ma guai a voi, Farisei, che siete scrupolosi nel dare la decima, anche della più piccola parte delle vostre entrate, ma trascurate completamente la giustizia e lʼamore di Dio! Certo, è giusto dare la decima, ma non dovreste trascurare tutte le altre cose.
43 Guai a voi, Farisei! Perché vi piace occupare i posti dʼonore nelle sinagoghe ed essere riveriti da tutti, quando passate nelle piazze! 44 Guai a voi, perché siete come tombe nascoste in un prato. Chi vi passa vicino non immagina la corruzione che contenete!» 45 Allora un dottore della legge, che era lì presente, disse a Gesù: «Signore, parlando così, offendi anche la mia professione!»
46 «Sì», rispose Gesù, «guai anche a voi! Perché imponete alla gente degli obblighi talmente pesanti, che voi stessi non vi sognereste nemmeno di sfiorare con un dito! 47 Guai a voi, che costruite le tombe per i profeti che i vostri antenati hanno ucciso! 48 Assassini! Così facendo, voi dimostrate di approvare quanto fecero i vostri padri: essi assassinarono i profeti e voi completate lʼopera, costruendo le tombe per loro!
49 Questo è ciò che dice nella sua sapienza Dio: “Manderò loro dei profeti, ma essi li uccideranno e li perseguiteranno!”
50 E voi di questa generazione sarete considerati responsabili dellʼassassinio di tutti i profeti di Dio, dalla fondazione del mondo in poi: 51 dallʼuccisione di Abele fino a quella di Zaccaria, che fu assassinato fra lʼaltare e il santuario. Sì, senza ombra di dubbio, a questa gente Dio chiederà conto di tutti questi delitti!
52 Guai a voi, esperti di religione! Perché avete tolto la chiave della conoscenza. Voi stessi non siete entrati e a chi voleva entrare lʼavete impedito».
53-54 I Farisei e i dottori della legge erano furiosi. Da quel momento in poi cominciarono a bersagliarlo ferocemente con un sacco di domande; e cercavano di intrappolarlo, facendogli dire qualcosa di compromettente per cui poterlo arrestare.
Luca 11:37-54

Rimini, 23/04/25
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Ogni volta che ci sono guerre, i ricchi guadagnano ed i popoli ci rimettono
Quanto ci costa il riarmo europeo e chi ci guadagna davvero?

Questa “corsa al riarmo” per “difendere l’Europa” ha un prezzo altissimo per un paese come il nostro, dove lo Stato sociale si sta ritirando (sanità, scuola, pensioni) mentre aumenta il valore delle azioni delle aziende che producono armi. I grandi fondi finanziari guadagnano due volte: con le armi e con le polizze private che i cittadini saranno costretti a comprare per curarsi o andare in pensione.

Nel 2024, l’Italia ha speso quasi 35 miliardi di euro per la difesa. Di questi, circa 15 miliardi sono serviti per comprare armi e mezzi militari, in particolare i nuovi cacciabombardieri F-35, prodotti da un consorzio guidato dalla società americana Lockheed Martin. I principali azionisti di questa azienda sono grandi fondi finanziari come State Street, Vanguard e BlackRock, che controllano oltre il 30% delle azioni.

Questa spesa è già aumentata di oltre 2 miliardi rispetto all’anno precedente, e potrebbe crescere ancora grazie al piano europeo ReArm Europe, che permette ai paesi di spendere per la difesa fino all’1,5% del proprio PIL. Per l’Italia, questo significherebbe altri 40 miliardi di euro in armi, quasi tutte provenienti da aziende statunitensi.

Se poi consideriamo anche gli interessi che lo Stato dovrebbe pagare per finanziare questi acquisti con nuovi debiti, la cifra complessiva arriva a quasi 80 miliardi di euro. Una somma enorme, se pensiamo che l’intera Legge di Bilancio italiana vale 30 miliardi.

E tutto questo non crea molto lavoro in Italia. Infatti, gran parte dei soldi finisce a grandi aziende estere, soprattutto americane e inglesi come BAE Systems, e solo una parte a Leonardo, dove lo Stato italiano ha solo il 30% delle azioni.

In più, l’Italia ospita 120 basi NATO e 20 basi segrete americane, il cui mantenimento costa a noi circa 300 milioni di euro l’anno.

Spesso si dice che l’Italia spende poco per la difesa rispetto ad altri paesi europei. Ma si dimentica che l’Italia è un contributore netto dell’Unione Europea, cioè dà più soldi di quanti ne riceva. Altri paesi, invece, ricevono più fondi dall’Europa e possono usarli anche per aumentare la spesa militare.

Infine, le nuove regole bancarie europee che vogliono essere introdotte da figure come Von der Leyen e Enrico Letta, potrebbero spostare i risparmi dei cittadini dai conti correnti verso investimenti in borsa… magari in azioni di aziende che producono armi, senza che la gente ne sia pienamente consapevole.

Rimini, 22/04/25
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I diritti non si mettono ai voti, si connquistano e si difendono!
C’è qualcosa di profondamente stonato nel dover votare per un diritto. Si, perché IL LAVORO DIGNITOSO è un DIRITTO!
L'articolo 1 della nostra Costituzione, dice che “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”! Dunque vi pare normale mettere in discussione ciò che dovrebbe essere intoccabile, evidente, sacrosanto, attraverso un voto?
Il diritto al lavoro stabile, sicuro e dignitoso non è un favore da chiedere alle urne. È una conquista sociale storica che oggi si vuole ridurre a un sondaggio di opinione! E intanto chi doveva vigilare su quei diritti, chi ha venduto quei diritti — partiti, governi, sindacati collusi — ora si presenta in piazza con i volantini e ci chiede di votare “per riaverli”.
Ma questi non sono temi da cabina elettorale!
Sono questioni da piazza, da assemblea, da sciopero!
Sono cose per cui i nostri nonni e padri hanno lottato aspramente, che noi ci siamo fatti scippare e che non saranno riconquistati con una crocetta.
Il lavoro non è una merce.
Il lavoratore non è un numero.
E la dignità non si negozia in un referendum!

IL FALLIMENTO DEL SINDACATO E LA NECESSITÀ DI UNA NUOVA COSCIENZA COLLETTIVA

Una volta c’erano i sindacati.
Quelli veri.
Quelli che bloccavano i treni, i porti, le autostrade, occupavano le fabbriche, si mettevano tra polizia e lavoratori, alzavano la voce in Parlamento.
Oggi i sindacati siedono ai tavoli con chi firma leggi che spaccano la schiena dei lavoratori e li trasformano in precari.
E quando le conseguenze del loro pessimo operato diventano troppo evidenti, promuovono un referendum per salvare la faccia?
La verità è che non c’è nulla da votare!
C’è solo da svegliarsi.
Da organizzarsi.
Da scioperare.
Da lottare per ribadire i propri diritti. Il lavoro non è e non deve diventare una condanna individuale ma un servizio alla comunità, ben retribuito in base all'impegno e alla fatica profusi nel suo svolgimento.

CONCLUSIONE: NON SI VOTA PER LA DIGNITÀ. LA DIGNITÀ SI DIFENDE!

La storia insegna che i veri diritti non sono mai stati regalati.
Sono stati strappati, conquistati, difesi, con il sudore, la fatica, la solidarietà.

Oggi, nel 2025, ci fanno credere che partecipare a un referendum sia la forma più alta di democrazia.
Ma se siamo costretti a votare per qualcosa che dovrebbe essere ovvio, per un nostro DIRITTO, allora vuol dire che la democrazia l’abbiamo già persa.
I diritti individuali e collettivi vanno difesi con coscienza, unità, resistenza.

Non con un sì o con un no su un pezzo di carta.
Dobbiamo quindi fare quello che hanno fatto i nostri nonni, nonne, padri e madri: LOTTARE contro chi ci vuole docili e SCHIAVI!
Ora tocca a noi!

Rimini, 14/04/25
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Il tradimento ai nostri antenati
Nella città dove sono nata esiste una comunità italiana ben radicata!

Mio nonno è nato a Trieste e mia nonna era bolognese. Sono cresciuta con le lasagne, i tortellini, le piadine, tutto fatto a casa dalla miglior cuoca che io abbia mai conosciuto: Gemma Palmieri, mia nonna! Tutte le domeniche mangiavo italiano, parlavo italiano, respiravo italiano a casa dei miei nonni. Ho frequentato una scuola italiana fin dall'asilo, proprio come mio padre prima di me. I miei genitori volevano mantenessimo le radici italiane, così come tutti i trisnonni, bisnonni, nonni, genitori e cittadini italiani residenti all'estero!

I discendenti di italiani che tornano in Italia sono tutti giovani ragazzi e ragazze laureati, educati, delle VERE RISORSE per l'Italia e per l'Europa, che non chiedono sussidi o aiuti ma vengono a lavorare! Come mio padre, che si è laureato in ingegneria in Argentina! Loro si che possono pagare le tasse ai nostri pensionati!

Questo decreto legge fatto dalle destre, capitanate da Antonio Tajani di Forza Italia, è una legge infame, una ferita profonda inferta ai nostri antenati italiani e va CANCELLATO!

Nelle foto: la mia famiglia italiana in Argentina (nonna, zio e cugini), io e mio fratello alla scuola italiana in Argentina, dove abbiamo imparato l'italiano, la letteratura, la storia e la geografia italiane già da bambini! Quindi eravamo integrati prima ancora di arrivare a vivere nel "bel paese", che ora tanto bello a me non pare più a causa di una classe politica indegna (destra, centro e sinistra, non cambia).

Rimini, 05/04/25
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Quando la Politica si Dimentica del Popolo
Un governo dovrebbe essere l’espressione della volontà popolare, ma sempre più spesso assistiamo a leader e parlamentari che, una volta eletti, smettono di rappresentare chi li ha votati. Questo è particolarmente evidente nelle istituzioni sovranazionali come il Parlamento Europeo, dove le decisioni sembrano essere prese più per soddisfare le richieste delle lobby economiche e finanziarie che per rispondere alle esigenze reali della gente.

E così ci troviamo con governi che impongono politiche economiche impopolari, che trascinano i cittadini in guerre non volute o che privilegiano gli interessi delle grandi multinazionali a discapito delle piccole imprese e dei lavoratori. Se il popolo fosse realmente consapevole del proprio potere, nessun politico potrebbe governare senza ascoltarlo, e chi tradisse il mandato ricevuto verrebbe "licenziato" politicamente senza esitazione.

Il rapporto tra governanti e governati è fondamentale in una democrazia: senza il sostegno del popolo, i leader non possono perseguire efficacemente le loro politiche. Quando i cittadini prendono coscienza di questo potere, diventa imperativo per chi governa ascoltare e rappresentare autenticamente le istanze popolari. In caso contrario, si rischia uno scollamento tra le élite al potere e la base, con conseguente perdita di fiducia nelle istituzioni.

Il populismo, in questo contesto, emerge come una risposta alle percezioni di distacco tra cittadini e classe dirigente. Movimenti come la Lega di Matteo Salvini e il Movimento 5 Stelle (M5S) hanno capitalizzato su queste sensazioni, promettendo un ritorno a una politica più vicina alle esigenze del popolo. Tuttavia, una volta al governo, entrambi hanno affrontato difficoltà nel mantenere le promesse elettorali.

La Lega, sotto la guida di Salvini, ha enfatizzato temi come la sicurezza e il controllo dell'immigrazione, proponendo soluzioni semplici a problemi complessi. Tuttavia, l'attuazione di tali proposte si è spesso scontrata con la realtà politica e istituzionale, portando a risultati inferiori alle aspettative generate durante la campagna elettorale.

Il Movimento 5 Stelle, nato con l'intento di rivoluzionare la politica italiana e combattere la corruzione, ha presentato un programma ambizioso. Secondo un'analisi, su 20 punti promessi nel 2018, solo due sono stati completamente realizzati, dieci parzialmente e otto non sono stati realizzati. Questo ha alimentato critiche riguardo alla capacità del movimento di tradurre le proprie promesse in azioni concrete.

Queste dinamiche evidenziano un problema più ampio: quando gli eletti non rispondono alle aspettative popolari e sembrano più attenti agli interessi di élite o lobby, si crea una frattura tra cittadini e istituzioni. Per mantenere la fiducia del popolo, è essenziale che i governanti non solo ascoltino le istanze dei cittadini, ma le traducano in politiche efficaci e coerenti. Altrimenti, il rischio è quello di alimentare ulteriormente il sentimento di disillusione e distacco dalla politica, minando le fondamenta stesse della democrazia rappresentativa.

La parabola del Movimento 5 Stelle è emblematica.

Nato come espressione diretta del popolo per mandare a casa la casta politica, si è distinto all’opposizione per battaglie contro i privilegi, la corruzione e le ingerenze delle lobby. Il M5S denunciava il sistema partitocratico, rifiutava alleanze con i partiti tradizionali e si poneva come forza rivoluzionaria. Tuttavia, una volta raggiunto il potere, ha progressivamente abbandonato le sue posizioni originarie, allineandosi sempre di più alle politiche elitarie del Partito Democratico, un partito che, ormai, ha poco o nulla a che vedere con i valori della sinistra storica.

Probabilmente, una volta arrivato in Parlamento, il Movimento è stato infiltrato da politici di area PD, i quali hanno progressivamente spostato il baricentro ideologico del partito verso posizioni più moderate e conformi agli interessi delle élite. Gli eletti che rimanevano fedeli ai principi originari del M5S sono stati, nel tempo, marginalizzati, sostituiti o addirittura espulsi per lasciare spazio a figure più in linea con la visione politica del Partito Democratico.

Dal reddito di cittadinanza ridimensionato fino all’accettazione di misure come il Green Pass, il M5S ha mostrato una crescente propensione al compromesso con i poteri forti, tradendo molte delle aspettative dei suoi elettori. Questo cambiamento ha segnato la fine della sua fase “anti-sistema” e il suo ingresso definitivo nel circuito della politica istituzionale tradizionale, suscitando delusione tra chi vedeva in esso un vero strumento di cambiamento.

Il Populismo Salviniano: Promesse Non Mantenute

Matteo Salvini è stato un simbolo del cosiddetto "populismo", ovvero quella corrente politica che si presenta come paladina del popolo contro le élite. Con slogan forti e promesse incisive, ha raccolto il consenso di milioni di italiani. Tuttavia, una volta arrivato al governo, molte delle sue battaglie si sono dissolte nel nulla.

- Immigrazione: I decreti sicurezza sono stati in parte smantellati, e non si è verificata la drastica riduzione degli sbarchi promessa.
- Tasse e sovranità economica: La "flat tax" tanto sbandierata non è mai stata realizzata.
- Scontro con l’UE: Dopo le dichiarazioni anti-Bruxelles, si è passati a un atteggiamento più accomodante nei confronti dell’Unione Europea.

Salvini, come altri leader populisti, ha dimostrato che il populismo di facciata spesso non si traduce in azioni concrete una volta raggiunto il potere.

Le Decisioni dell’UE: Il Volere delle Lobby Contro il Popolo

Mentre il populismo interno si spegne una volta al governo, a livello europeo assistiamo a una politica completamente slegata dalla volontà popolare. In Parlamento Europeo, gli eletti dovrebbero rappresentare gli interessi dei cittadini, eppure troppo spesso votano leggi che avvantaggiano le grandi multinazionali, i gruppi finanziari e i potenti del mondo.

- Politiche economiche: Le direttive europee favoriscono spesso le grandi aziende a scapito delle piccole imprese locali.
- Energia e ambiente: Le decisioni su transizione ecologica e politiche energetiche sembrano più dettate da interessi industriali che da un reale beneficio per il cittadino medio.
- Guerra e politica estera: Mentre molti cittadini sono contrari a conflitti internazionali, l’UE segue la linea del Riarmo senza un reale dibattito democratico.

Questa situazione crea uno scollamento totale tra il volere del popolo e quello delle élite. Il risultato è un'Europa governata più da burocrati e gruppi di potere che dai rappresentanti eletti.

Lo scollamento tra la base e i governi nasce quando chi viene eletto smette di rappresentare realmente il popolo e inizia a seguire gli interessi di lobby, élite economiche e poteri sovranazionali. Questo problema non è solo italiano, ma diffuso in tutte le democrazie occidentali, dove spesso i politici una volta eletti diventano parte di un sistema autoreferenziale, scollegato dalle esigenze dei cittadini.

Possibili soluzioni

1. Referendum vincolanti e consultazioni popolari
Introdurre strumenti di democrazia diretta più efficaci, come referendum vincolanti su temi di rilevanza nazionale, consultazioni periodiche della popolazione su decisioni chiave e petizioni con soglie realistiche per costringere il Parlamento a discutere proposte avanzate dai cittadini.

2. Mandati a tempo e limite di rielezione
Troppo spesso i politici rimangono al potere per decenni, diventando parte del sistema. Un limite massimo di mandati e la rotazione della classe dirigente impedirebbero la creazione di una casta politica consolidata e favorirebbero un ricambio con volti nuovi e più vicini alla realtà della popolazione.

3. Pene severe per il tradimento del mandato elettorale
Se un partito o un leader vincono le elezioni con un programma preciso e poi governano in modo opposto, dovrebbero esserci conseguenze. Una riforma che introduca la possibilità di revocare gli eletti (recall election) in caso di tradimento palese delle promesse elettorali potrebbe essere una soluzione.

4. Trasparenza totale nelle decisioni di governo
Le scelte politiche devono essere il più trasparenti possibile. Ogni incontro con lobbisti o gruppi di potere dovrebbe essere documentato e reso pubblico. Inoltre, i parlamentari dovrebbero rendere conto periodicamente del loro operato agli elettori, in maniera dettagliata e accessibile.

5. Reintroduzione di un rapporto diretto tra eletti ed elettori
L’elezione diretta dei rappresentanti locali e nazionali, con sistemi che impediscano la nomina di candidati scelti dai partiti e non dalla base, aiuterebbe a rafforzare il legame tra cittadini ed eletti. Liste bloccate e candidature imposte dall’alto allontanano il popolo dalla politica.

6. Valorizzazione dei media indipendenti
L’informazione è fondamentale per una democrazia sana. Oggi, però, gran parte dei media tradizionali è controllata da gruppi economici e politici che orientano l’opinione pubblica. Incentivare media indipendenti, finanziati dai cittadini e non dalle élite, garantirebbe un’informazione più onesta e pluralista.

7. Partecipazione attiva del popolo
I cittadini non devono solo delegare il potere con il voto ogni cinque anni, ma essere coinvolti in forme di partecipazione attiva. Assemblee civiche, movimenti dal basso e forme di attivismo locale possono contribuire a mantenere alta l’attenzione sulle scelte politiche e a contrastare derive autoritarie o oligarchiche.

8. Ritorno alla sovranità monetaria
Togliere il controllo delle banche private sulla moneta e restituire allo Stato e ai cittadini il potere economico che oggi è in mano ai grandi gruppi finanziari internazionali. Smascherando il ruolo delle élite finanziarie nel soffocare l’economia italiana, denunciando la dipendenza dell’Italia da istituzioni come la BCE, Goldman Sachs e la Trilateral Commission e sottolineando come queste entità dettano le regole del gioco, impedendo la crescita del nostro Paese.

Conclusione: Il Popolo Deve Riprendersi il Suo Ruolo

Se il popolo prende coscienza della propria forza e inizia a pretendere queste riforme, sarà più difficile per i governi agire contro gli interessi della base. La politica deve tornare a essere al servizio dei cittadini e non di interessi privati o sovranazionali. Solo così si potrà ricostruire un rapporto di fiducia tra la popolazione e chi la governa.

Rimini, 28/03/25
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Le più note FALSE FLAG (sospette e reali) occidentali:
1. Operation Northwoods (1962)
 Fatto accertato – Documenti desecretati dimostrano che la CIA e il Pentagono proposero alla Casa Bianca un piano per compiere attentati contro navi e aerei americani, attribuendoli a Cuba per giustificare un’invasione.
 Esito – JFK rifiutò il piano, ma dimostra che il concetto di *false flag* era ben presente nella strategia americana.
(Nei commenti trovi il documento che prova questo fatto storico)

2. Attacco a Pearl Harbor (1941)
 Teoria sospetta – Alcuni storici ritengono che gli Stati Uniti abbiano deliberatamente ignorato le informazioni che anticipavano l’attacco giapponese per avere un pretesto per entrare in guerra.
 Motivo – Giustificare l’intervento nella Seconda Guerra Mondiale e successivamente l’uso delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki.
 Prove? – Nessuna prova definitiva, ma documenti rivelano che Roosevelt e i vertici militari erano a conoscenza di movimenti sospetti della flotta giapponese.

3. Golfo del Tonchino (1964)
 Fatto accertato – Il governo USA dichiarò che navi nordvietnamite avevano attaccato cacciatorpediniere americani. Più tardi, documenti desecretati provarono che il secondo attacco non avvenne mai.
 Esito – Servì a giustificare l’espansione dell’intervento militare americano in Vietnam.

4. Torri Gemelle (11 settembre 2001)
 Teoria sospetta – Secondo alcuni, l’attacco fu permesso o addirittura orchestrato per giustificare le guerre in Afghanistan e Iraq.
 Motivo – Il Patriot Act, restrizioni alle libertà civili e il pretesto per attaccare paesi ricchi di risorse energetiche.
 Prove? – Nessuna prova inconfutabile, ma anomalie nella versione ufficiale (crollo del WTC7, intercettazioni ignorate, sparizione delle scatole nere) alimentano i sospetti.

5. Attacchi all’antrace (2001)
 Fatto accertato – Dopo l’11 settembre, lettere con antrace furono inviate a senatori e giornalisti, creando panico.
 Esito – Aiutò a giustificare la guerra al terrore e misure restrittive come il Patriot Act.
 Prove? – L’FBI incolpò lo scienziato Bruce Ivins, ma molti credono che fosse un capro espiatorio.

6. Armi di distruzione di massa in Iraq (2003)
 Fatto accertato – L’amministrazione Bush sostenne che Saddam Hussein possedeva armi di distruzione di massa. Dopo l’invasione, si scoprì che era falso.
 Esito – Giustificare la guerra in Iraq per il controllo del petrolio e l’influenza geopolitica.

7. Rivoluzioni colorate (2000-oggi)
 Teoria sospetta – Movimenti pro-democrazia in Serbia, Georgia, Ucraina, Kirghizistan e altri paesi potrebbero essere stati sostenuti dall’Occidente per destabilizzare governi scomodi.
 Motivo – Favorire leader filoccidentali e ridurre l’influenza russa o cinese.
 Prove? – Documenti rivelano finanziamenti di ONG occidentali a movimenti di opposizione, ma il livello di coinvolgimento diretto rimane dibattuto.

Conclusione

La storia dimostra che le operazioni false flag sono una realtà, anche se non sempre ci sono prove definitive. Molte di queste operazioni hanno avuto lo scopo di giustificare guerre, restrizioni di libertà o interventi geopolitici.

Essere scettici e analizzare le versioni ufficiali con spirito critico è essenziale per comprendere davvero la politica internazionale.

Rimini, 27/03/25
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La Propaganda di Guerra: Strumenti e Strategie dei Governi e ipocrisia dell'Europa
Quando un governo decide di entrare in guerra contro un'altra nazione, ha bisogno di legittimare il conflitto agli occhi dell'opinione pubblica e di mobilitare il sostegno della popolazione. Per farlo, utilizza la propaganda di guerra, un insieme di strategie di comunicazione mirate a manipolare la percezione della realtà e a costruire una narrazione favorevole agli interessi del potere.
Ma come funziona? E quali mezzi vengono impiegati?

1. Demonizzazione del Nemico Uno degli strumenti più potenti della propaganda di guerra è la disumanizzazione dell'avversario. Il nemico viene descritto come malvagio, crudele e inumano, spesso associato a immagini di barbarie e atrocità. Questo serve a giustificare l'intervento militare come una "guerra giusta" o "umanitaria".

Esempi storici:
  • Durante la Prima Guerra Mondiale, i tedeschi venivano dipinti dalla stampa britannica come "mostri assetati di sangue".
  • Nella Seconda Guerra Mondiale, la propaganda americana mostrava i giapponesi come esseri subumani, facilitando il consenso per bombardamenti indiscriminati.
  • Nelle guerre recenti, dittatori o leader stranieri vengono spesso paragonati a Hitler, creando un parallelismo che giustifica l'azione militare.
2. Controllo dei Media e Censura I governi utilizzano i media per influenzare il dibattito pubblico e sopprimere le voci dissidenti. Questo può avvenire attraverso:
  • Censura: Le informazioni scomode vengono bloccate o modificate per adattarsi alla narrazione ufficiale.
  • Selezione delle Notizie: Solo le informazioni che sostengono la guerra vengono amplificate.
  • Manipolazione delle Immagini: Foto e video vengono usati per suscitare emozioni forti e giustificare l’intervento.
Esempio recente: La guerra in Iraq nel 2003 fu giustificata con la falsa accusa che Saddam Hussein possedesse armi di distruzione di massa. I media occidentali rilanciarono questa narrativa senza prove concrete, contribuendo a ottenere il sostegno popolare.

3. Creazione di un Nemico Interno Per mantenere il consenso interno, i governi spesso identificano un "nemico interno", ovvero cittadini, giornalisti o gruppi politici contrari alla guerra. Questi vengono etichettati come traditori, filo-nemici, negazionisti o disfattisti.

Esempio: Durante il Maccartismo negli Stati Uniti, chiunque si opponesse alla guerra fredda e alle politiche aggressive contro l'URSS veniva accusato di simpatie comuniste e perseguitato.
Oggi, chi mette in discussione la versione ufficiale di un conflitto può essere bollato come propagandista del nemico o promotore di fake news.

4. Uso di Film, Musica e Cultura Popolare La propaganda non si limita ai telegiornali. Viene diffusa anche attraverso film, serie TV, videogiochi e musica. L’industria dell’intrattenimento viene spesso usata per rafforzare la narrazione patriottica e militarista.

Esempi di Hollywood:
  • "Top Gun" (1986) servì a migliorare l'immagine dell'aviazione militare americana.
  • "American Sniper" (2014) esaltò la figura del cecchino Chris Kyle, creando un'icona della guerra moderna.
I film e le serie TV aiutano a rendere la guerra accettabile e a glorificare i soldati, presentandoli come eroi invece che come strumenti di distruzione.

5. Il Business della Guerra Dietro la propaganda c'è spesso un motivo economico: le guerre sono enormemente redditizie per l'industria bellica. Per questo, grandi aziende e gruppi di potere influenzano le politiche dei governi affinché i conflitti siano percepiti come inevitabili.

Esempio: Nel 2001, dopo gli attentati dell'11 settembre, le aziende di armamenti e contractor militari come Lockheed Martin e Raytheon videro un boom di profitti grazie alla guerra in Afghanistan e Iraq.

Quando il settore bellico influenza la politica, la propaganda serve a convincere la popolazione che la guerra sia necessaria, giusta e inevitabile.

Come Difendersi dalla Propaganda di Guerra?

  • Verificare le fonti: Non fidarsi ciecamente di una sola versione dei fatti.
  • Analizzare il linguaggio: Se un leader usa termini come "barbari", "terroristi", "disumani", sta probabilmente facendo propaganda.
  • Guardare oltre i media mainstream: Spesso giornalisti indipendenti o testate estere offrono prospettive diverse.
  • Chiedersi: chi ci guadagna? Seguire i soldi aiuta a capire gli interessi nascosti dietro ogni conflitto.
La guerra non è mai una casualità, ma il risultato di una costruzione narrativa studiata a tavolino. Essere consapevoli dei meccanismi della propaganda ci aiuta a non cadere in trappola.

Due pesi e due misure: l'ipocrisia dell'Europa tra Ucraina e Palestina

L’Unione Europea si è sempre presentata come paladina dei diritti umani, della pace e del diritto internazionale, ma gli eventi recenti dimostrano che la sua politica estera è profondamente selettiva e ipocrita. L’atteggiamento verso l’invasione russa dell’Ucraina e l’attacco di Israele alla Striscia di Gaza mostra chiaramente come vengano adottati due pesi e due misure a seconda degli interessi geopolitici.

L’Invasione Russa in Ucraina: Sanzioni, Condanne e Armi a Volontà

Dal 24 febbraio 2022, con l’inizio dell’invasione russa in Ucraina, l’Unione Europea ha assunto una posizione durissima:
  • Sanzioni senza precedenti: blocco di beni russi, embargo sul petrolio, disconnessione delle banche russe da SWIFT.
  • Supporto militare diretto: fornitura massiccia di armi e aiuti economici a Kiev.
  • Sostegno mediatico e morale assoluto: Zelensky è stato accolto come un eroe in tutti i parlamenti europei.
  • Criminalizzazione del dissenso: ogni voce critica sulla guerra è stata bollata come filo-putiniana o propagandistica.
L’UE ha difeso con forza il principio che un Paese sovrano non può essere invaso, che i civili vanno protetti e che il diritto internazionale è sacro. Ma allora, perché questo stesso approccio non si applica alla Palestina?

Israele e Gaza: Silenzio, Appoggi e Giustificazioni

Quando il 7 ottobre 2023 Hamas ha attaccato Israele, l’UE ha immediatamente riconosciuto il diritto di Israele a difendersi. Da allora, l’esercito israeliano ha scatenato un’offensiva devastante su Gaza, causando decine di migliaia di vittime civili, bombardando ospedali e campi profughi.
Di fronte a questo, la risposta dell’Europa è stata molto diversa rispetto a quella adottata per l’Ucraina:
  • Nessuna sanzione contro Israele, nonostante violi il diritto internazionale con colonizzazioni e attacchi ai civili.
  • Nessun embargo sulle armi: Israele continua a ricevere sostegno militare e tecnologico.
  • Silenzio sulla sofferenza palestinese: mentre in Ucraina ogni vittima è una tragedia, a Gaza i civili vengono trattati come "danni collaterali".
  • Divieto di critiche a Israele: chi denuncia i crimini di guerra israeliani viene etichettato come antisemita.
In sostanza, l’UE difende l’integrità territoriale dell’Ucraina, ma non quella della Palestina, che da anni subisce un’occupazione e una colonizzazione illegale.

Il Vero Motivo Dietro l’Ipocrisia Europea

Perché questa differenza di trattamento? Le ragioni sono molteplici:
  • Interessi geopolitici: l’Ucraina è un fronte strategico contro la Russia, mentre Israele è un alleato chiave in Medio Oriente.
  • Pressioni degli Stati Uniti: Washington sostiene l'Ucraina contro la Russia e Israele contro i palestinesi, e l’UE segue la linea americana.
  • Influenza delle lobby: gruppi di pressione filo-israeliani esercitano un enorme potere nelle istituzioni europee e americane.
  • Doppia morale occidentale: l’Europa applica il diritto internazionale solo quando conviene ai propri interessi.

Conclusione: Un’Europa Credibile Solo a Fasi Alterne

L’UE si presenta come un'istituzione che difende i valori democratici, ma nei fatti dimostra che applica il diritto internazionale in modo selettivo. La sua credibilità sulla scena mondiale è minata da questa ipocrisia evidente.

Se davvero vuole essere coerente, l’Unione Europea dovrebbe:
  • Condannare ogni aggressione militare, sia quella russa in Ucraina che quella israeliana in Palestina.
  • Applicare le stesse sanzioni a chi viola il diritto internazionale, senza eccezioni.
  • Difendere tutti i civili, indipendentemente dal loro Paese di origine.
Fino a quando non lo farà, continuerà a dimostrare che la sua politica estera è guidata da altri interessi, e non dai principi inviolabili dei diritti dell'Uomo.

Rimini, 24/03/25
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Perché c'é bisogno di un partito politico?
La volontà di incidere sulla realtà è il punto di partenza, ma da soli non si arriva lontano, servono più persone, serve un’organizzazione per ottenere risultati tangibili e concreti. A me non interessa aderire a uno schieramento politico per il semplice fatto di appartenere a qualcosa, né mi piace chi usa la politica solo per autocelebrarsi egoicamente o per costruirsi una carriera nascondendosi dietro un’ideologia collettiva. Per me il partito politico è uno strumento, non un fine. Il simbolo del partito o il leader non sono idoli da venerare, né quel che dice un leader di partito è un dogma da seguire altrimenti vieni espulso dal partito, un partito politico ha una sua democrazia interna e chi lo dirige deve parlare a nome della base che rappresenta non per sé stesso, un partito politico non può e non deve essere a guida "monoteistica" o usato in modo personalistico, ma può e deve essere guidato da coloro che meglio di altri sanno esprimere i concetti e le idee di coloro che sono alla base del partito stesso, quindi degli attivisti. Un partito politico é un mezzo attraverso il quale possiamo influenzare le scelte della società in cui viviamo grazie alla forza delle nostre idee ed all'attivismo delle persone che collaborano insieme per vedere realizzate tali idee. Per questo lo adopero, perché per me il partito politico é l’unione di persone che, come me, vogliono incidere sulla realtà.

Qui si apre una distinzione fondamentale tra partito politico e associazione o comitato

- Il partito politico è lo strumento per partecipare direttamente alle istituzioni e incidere sulle decisioni legislative e governative. È il mezzo attraverso cui si possono proporre leggi, entrare nelle amministrazioni e determinare le scelte di chi governa.
- Le associazioni o i comitati invece operano dal basso, lavorando sulla sensibilizzazione, la mobilitazione e la pressione politica. Possono influenzare l’opinione pubblica, organizzare eventi e campagne, far emergere temi che i partiti a volte trascurano, ma senza poter direttamente approvare o bloccare decisioni politiche.

Sono due strumenti diversi, entrambi utili, entrambi necessari. Uno lavora dentro le istituzioni, l’altro le influenza dall’esterno. La scelta di quale strumento utilizzare dipende dall’obiettivo e dal contesto.
Ma la realtà ci insegna che senza partiti ben strutturati, capaci di organizzarsi e competere alle elezioni, non si va da nessuna parte. Un esempio concreto? Alle ultime elezioni regionali in Emilia-Romagna, nessun partito della cosiddetta area del dissenso era abbastanza solido e forte da poter raccogliere le firme necessarie per competere alla tornata elettorale. Così è toccato a noi cittadini organizzarci, ed in soli due mesi abbiamo costruito un contenitore civico (Lealtà Coerenza Verità) che potesse portare avanti le nostre idee di società e siamo riusciti a rappresentare la voce di tanti cittadini durante la campagna elettorale.

Questo dimostra perché serve la partecipazione attiva dei cittadini e perché servono strutture politiche forti e strutturate, capaci di incidere nelle politiche locali, regionali e nazionali. Se nessuno costruisce una proposta alternativa, se nessuno partecipa per farla crescere nel tempo, non potremo far altro che continuare a lamentarci sui social o nei bar, delle politiche portate avanti dai partiti tradizionali senza poter fare nulla di concreto per cambiarle.

Le idee da sole non bastano: servono persone per realizzarle

Avere una visione per il futuro del Paese è fondamentale, ma non basta! Le idee devono trasformarsi in azioni concrete, e per farlo servono persone che si assumano la responsabilità di portarle avanti. In una democrazia, questo significa votare e delegare dei rappresentanti affinché traducano quei valori da noi condivisi in decisioni reali. È attraverso il voto e la partecipazione politica che possiamo determinare la società in cui vogliamo vivere. Chi si disinteressa della politica, di fatto lascia che altri decidano per lui.

Non si può pensare di cambiare il Paese solo con le parole o con il dibattito: serve impegno, serve presenza nelle istituzioni, servono strumenti politici organizzati per poter portare avanti un progetto e realizzare il cambiamento.

Oltre la logica della tifoseria

Ma troppo spesso la politica si riduce a una logica di tifoseria. Si appartiene a un gruppo come si fa con una squadra di calcio, si difende il proprio schieramento anche quando sbaglia, si attacca quello opposto a prescindere. Per me questa non è politica, è tribalismo.

Per questo ho scelto di agire con chi condivide la mia visione di attivismo civico e di politica. Se un partito diventa il mezzo migliore per fare la differenza, io lo utilizzo, se non c'è, lo creo. Se un’associazione o un comitato permettono di portare avanti una battaglia concreta, allora quello è lo strumento giusto. Non è l’etichetta che conta, ma il risultato.

La vera forza non sta nell’appartenere ad una sigla ma nell’agire concretamente per modellare il nostro paese nella forma che insieme vogliamo dargli anziché vederlo naufragare nell'abisso di emergenze infinite e tensioni belliche in cui ci vogliono annegare i partiti tradizionali. La politica, se usata con intelligenza e strutturata con solide basi, è lo strumento più potente per farlo.

Per queste ragioni, ho deciso di aderire a un partito nazionale che si batte con coerenza da anni per portare avanti un'idea di Italia che corrisponde perfettamente alla mia idea di società. Ho iniziato a conoscere questo partito politico da quando mi sono impegnata nel progetto della Lista Civica Lealtà Coerenza Verità per l'Emilia Romagna, ed in questo partito politico ho trovato persone stupende, motivate, capaci e volenterose, con le quali condivido la visione e la missione e con cui unire le forze per portare avanti le nostre idee comuni, grazie allo strumento politico.
Questo partito è Ancora Italia

Rimini, 18/03/25
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L'Italia e il riarmo europeo
Una Follia da Evitare

Mentre il dibattito sul riarmo europeo impazza tra battute da cabaret, proclami ideologici e suore invasate, la realtà impone una riflessione seria e ponderata. La posta in gioco non è un semplice aumento delle spese militari, ma il destino dell’Europa e, nel nostro caso, dell’Italia.

Uno Scontro Inevitabile?

Il dato di fatto è chiaro: una guerra tra l’Europa e la Russia senza il supporto degli Stati Uniti significherebbe una disfatta immediata. La potenza nucleare e missilistica russa, unita alla sua strategia bellica, farebbe soccombere il nostro continente in pochissimo tempo se il Cremlino davvero lo volesse. Chi spinge per il riarmo non sta solo aumentando le tensioni, ma sta provocando l'orso russo e preparando il terreno per un disastro annunciato. C'è chi non comprende che aderire alla corsa agli armamenti equivale quasi a dichiarare guerra a Mosca.

L'Italia Deve Pensare a Sé Stessa

Invece di seguire superficialmente questa deriva pericolosa, l’Italia dovrebbe pensare al proprio futuro con più lungimiranza. Il nostro Paese non è una potenza militare, ma ha qualcosa di molto più potente: la sua unicità, la sua cultura, la sua storia, la sua bellezza. Abbiamo la responsabilità di proteggere ciò che ci rende unici al mondo, e la via per farlo è attraverso la diplomazia e le relazioni amicali e commerciali con i nostri vicini.

Chi, nel prossimo futuro vorrebbe mai essere ricordato come il responsabile della distruzione della penisola italica? Chi avrebbe il coraggio di far saltare in aria il Colosseo, Piazza San Marco a Venezia, il duomo di Firenze o di Milano e tutte le bellezze che l'Italia ha sempre generosamente offerto al mondo intero?

L'Italia non ha bisogno di armi per difendersi, ma di una strategia basata sulla sua forza più grande: la sua unicità. Siamo l’unico popolo al mondo a parlare italiano, la nostra cultura ha influenzato ogni angolo del pianeta, la nostra arte e la nostra creatività sono senza eguali. Ve lo immaginate un mondo senza Italia? Questo deve essere il nostro scudo protettivo e la nostra arma più potente.

La Via della Neutralità: La Svizzera Insegna

L’Italia deve restare neutrale, proprio come la Svizzera, un’oasi di pace nel cuore dell’Europa. Abbiamo la possibilità di essere un ponte tra le nazioni, un interlocutore di pace e non un attore di guerra. Le guerre portano solo distruzione, dolore e morte. Il nostro futuro non sta nelle armi, ma nella diplomazia, nella cooperazione, nel rispetto delle culture altrui e nella difesa della nostra storia millenaria e del nostro patrimonio artistico.

Conclusione: Mantenere i Nervi Saldi e Valorizzare la Nostra Identità

Ora più che mai è il momento di mantenere i nervi saldi e non cedere a decisioni prese di pancia, per paura di restare indifesi. La nostra forza non è nelle basi militari, nei carri armati, nei missili o negli eserciti, l'Italia ripudia la guerra! La nostra forza è nella nostra identità. L'Italia deve scegliere la via della diplomazia, del commercio e della cultura per garantire un futuro di prosperità e pace ai nostri figli. Solo così potremo preservare ciò che ci rende unici e continuare a essere un faro di bellezza e civiltà nel mondo. La guerra non è una soluzione. La pace, invece, è la nostra vera arma di deterrenza.

Rimini, 19/03/25
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Revisionismo Storico: Strumento di Verità o di Manipolazione?
In una recente dichiarazione, la Senatrice Liliana Segre ha dichiarato la sua gratitudine verso gli americani per il ruolo avuto nella liberazione degli ebrei dai campi di concentramento, eppure non una parola sull'armata russa che l'ha materialmente liberata da Auschwitz. Questa dichiarazione fa temere un tentativo di revisionismo storico volto a cancellare alcuni passaggi della storia dalla memoria collettiva con fini propagandistici.

Il revisionismo storico, nella sua accezione autentica, è una pratica necessaria e anche legittima con cui gli storici rivedono il passato alla luce di nuove fonti, correggendo errori e approfondendo eventi con maggiore obiettività. Tuttavia, quando questo processo viene piegato a esigenze politiche o ideologiche, si trasforma in revisionismo distorsivo, con l'obiettivo di riscrivere la storia per adattarla a una narrazione utile a chi detiene il potere.

Negli ultimi anni, abbiamo assistito a numerosi tentativi di cancellare o riscrivere parti della storia per adeguarle a nuove sensibilità politiche o culturali. Questo fenomeno si sovrappone pericolosamente alla cancel culture, che nasce come un meccanismo di denuncia ma può degenerare in una forma di censura della memoria storica.

Cancel Culture e Storia: Cancellare il Passato per Controllare il Futuro?

La cancel culture, quando applicata alla storia, non si limita a criticare figure o eventi problematici, ma arriva spesso a eliminarli completamente dalla narrazione pubblica. Questo può assumere diverse forme:
  • Rimozione di statue e monumenti: Personaggi storici controversi vengono abbattuti o rimossi dalle piazze, senza un reale dibattito contestualizzante.
  • Ritocchi ai libri di storia: Manuali scolastici riscritti per eliminare eventi scomodi o per enfatizzare solo alcuni aspetti di un’epoca.
  • Boicottaggio di opere culturali: Film, libri e opere artistiche del passato vengono censurati o modificati perché non conformi agli standard morali contemporanei
Le Finestre di Overton: Come si Sposta il Confine della Storia Accettabile

Un concetto chiave per comprendere come la storia venga manipolata è quello delle Finestre di Overton, un modello che descrive come certe idee, inizialmente inaccettabili, possano diventare progressivamente accettate e persino dominanti nel dibattito pubblico.

Nel contesto del revisionismo storico e della "cancel culture", la finestra di Overton può essere usata per spostare gradualmente la percezione della storia:
  • Prima, un evento storico viene messo in discussione.
  • Poi, se ne minimizzano o enfatizzano certi aspetti per adattarlo a una nuova narrazione.
  • Infine, la nuova interpretazione diventa l’unica accettata, mentre quella precedente viene bollata come obsoleta, scorretta o persino pericolosa.
Questo meccanismo è stato usato più volte nella storia, sia da regimi autoritari sia in democrazie che vogliono controllare il consenso. Il rischio è che il passato venga modellato più in base alle esigenze politiche attuali che a un'onesta ricerca della verità.

Soluzioni per Proteggere la Storia dalla Manipolazione

Per contrastare la riscrittura opportunistica della storia, è necessario un approccio che bilanci memoria, ricerca critica e contestualizzazione. Alcune possibili soluzioni includono:

Educazione Storica Pluralista
  • Le scuole e le università devono insegnare la storia in modo critico, senza censure ideologiche, permettendo agli studenti di analizzare più fonti e interpretazioni.
  • La storia non deve essere un dogma immutabile, ma nemmeno un racconto modellato dal potere del momento.

Archiviazione e Accesso Libero alle Fonti Storiche
  • Digitalizzare e proteggere i documenti storici per evitare che vengano alterati o nascosti.
  • Creare banche dati accessibili a tutti, affinché il passato non sia deciso solo da chi ha più influenza politica o mediatica.

Dibattito Aperto e Contestualizzazione, non Cancellazione
  • Invece di rimuovere statue o censurare libri, è più utile contestualizzarli con targhe, note o approfondimenti.
  • Ogni epoca ha i suoi valori, e giudicare il passato con i parametri del presente è un errore metodologico.

Trasparenza nei Media e nella Politica
  • I governi e i media devono essere vigilati affinché non riscrivano la storia per fini propagandistici.
  • Promuovere il fact-checking storico e combattere la disinformazione.

Conclusione: Proteggere la Memoria per Difendere la Libertà

La storia non è solo un racconto del passato, ma uno strumento di potere se viene distorta, le persone perdono la capacità di comprendere davvero il mondo in cui vivono. La sovrapposizione tra revisionismo storico e "cancel culture" rischia di creare una società in cui la memoria collettiva è costantemente riscritta per servire gli interessi del momento.

La soluzione non è né negare il revisionismo legittimo né accettare la cancellazione indiscriminata del passato. Serve un approccio critico, aperto e basato sui fatti, che permetta alla storia di essere studiata, discussa e capita senza diventare un’arma di manipolazione. E' necessario sicuramente proteggere la libertà di pensiero.

Rimini, 15/03/25
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Il Dress Code della Stanza Ovale della Casa Bianca
La Stanza Ovale, cuore simbolico della Casa Bianca, è teatro di incontri di grande rilevanza internazionale. Pur non esistendo un regolamento scritto e rigido, il dress code in questo ambiente richiede un abbigliamento formale e professionale.
  • Uomini: È consuetudine indossare completi scuri, cravatte e camicie eleganti, che trasmettono autorevolezza e serietà.
  • Donne: L’abbigliamento formale spazia da tailleur a abiti sobri, con colori neutri e linee classiche.
  • Il rispetto di queste norme, pur lasciando spazio a lievi variazioni personali, rappresenta un omaggio alla tradizione istituzionale e contribuisce a rafforzare l'immagine di un governo stabile e rispettoso dei protocolli internazionali.
Il Dress Code del Vaticano

Il Vaticano, centro spirituale e amministrativo della Chiesa Cattolica, applica regole di abbigliamento che vanno ben oltre il semplice decoro estetico, riflettendo valori di modestia e rispetto per il sacro.
  • Durante le Udienze Papali e le Cerimonie: Gli uomini sono invitati a indossare abiti formali, tipicamente completi scuri, mentre le donne devono optare per abiti o tailleur che coprano spalle e ginocchia, esprimendo discrezione e reverenza.
  • Eventi Ufficiali e Audizioni: Il codice di abbigliamento è spesso dettagliato, con indicazioni precise per evitare abiti troppo vistosi o casual.
  • Queste norme, seppur rigorose, sono pensate per creare un'atmosfera di solennità e per sottolineare l'importanza degli incontri e delle celebrazioni in un contesto tanto ricco di storia e spiritualità.
Altri Luoghi Storici e i Loro Standard Sartoriali

Oltre alla Casa Bianca e al Vaticano, numerosi altri luoghi storici impongono standard di abbigliamento che servono a mantenere un livello di formalità e rispetto:
  • Palazzo Chigi e Altri Sedi Governative in Italia: Qui il dress code è solitamente formale, con l'uso di completi per gli uomini e tailleur o abiti eleganti per le donne, in linea con la tradizione istituzionale italiana.
  • Cerimonie Diplomatiche e Riunioni Internazionali: In contesti come queste, il dress code diventa un linguaggio universale: abiti tradizionali e formali che favoriscono il rispetto reciproco e la serietà delle discussioni.
L'Importanza del Dress Code come Linguaggio di Potere e Identità

Il rispetto delle regole sartoriali in questi ambienti non è mero formalismo: è un modo per comunicare stabilità, continuità e impegno verso una tradizione di decoro e rispetto istituzionale. Gli abiti diventano simboli, strumenti di rappresentazione del potere e della cultura di un popolo, capaci di unire passato e presente, tradizione e modernità.

In conclusione, i dress code adottati nei luoghi storici e istituzionali come la Stanza Ovale, il Vaticano e altre sedi di potere sono molto più che semplici codici di abbigliamento: sono manifestazioni visibili di una storia, di valori condivisi e di un impegno verso il rispetto delle tradizioni che continuano a modellare la nostra società. Indossare l'abbigliamento appropriato in questi contesti significa partecipare attivamente a un rituale di continuità culturale, in cui ogni dettaglio contribuisce a raccontare l'identità di una nazione e di un'epoca.

Rimini, 01/03/25
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Ecco 5 punti su cui riflettere
  1. Sovranità monetaria e fiscale - Uscire dall'UE potrebbe consentire all'Italia di riprendere il controllo completo sulla propria politica monetaria e fiscale. Senza l'obbligo di rispettare le regole imposte dal Patto di Stabilità e dal quadro normativo europeo, lo Stato potrebbe adottare misure più flessibili per stimolare la crescita economica, azzerare il debito pubblico e investire in infrastrutture e servizi sociali. Un controllo diretto della moneta permetterebbe anche di sperimentare politiche di creazione di moneta più orientate alle esigenze interne, senza doversi conformare alle logiche di mercato imposte da istituzioni sovranazionali.
  2. Riduzione della burocrazia e dei vincoli normativi - L'Italia potrebbe beneficiare di una maggiore autonomia normativa, eliminando o rivedendo quelle regole troppo rigide o disallineate con le peculiarità del tessuto economico e sociale italiano. Questo potrebbe tradursi in una semplificazione della burocrazia e in una maggiore competitività delle imprese italiane, favorendo lo sviluppo di settori chiave e l'attrazione di investimenti esterni su base bilaterale, anziché attraverso un mercato unico in cui le decisioni sono spesso dettate da interessi comunitari europei.
  3. Rinegoziazione degli accordi commerciali e geopolitici - Un'Italia indipendente nella gestione dei propri rapporti internazionali potrebbe avere la possibilità di negoziare accordi commerciali e di cooperazione che rispecchino in maniera più diretta i propri interessi nazionali. Ciò potrebbe includere la stipula di accordi bilaterali più flessibili e vantaggiosi, in grado di rispondere alle specificità del mercato italiano e di favorire lo sviluppo di una politica commerciale più dinamica.
  4. Riaffermazione dell'identità e della cultura nazionale - Dal punto di vista politico e culturale, uscire dall'UE rappresenterebbe un ritorno a una maggiore autonomia decisionale, in cui le scelte politiche sarebbero fatte in base alle esigenze e alle tradizioni italiane, piuttosto che in funzione di direttive imposte da istituzioni esterne. Tale autonomia potrebbe favorire un rinnovamento della vita politica e culturale, rispondendo a un sentimento di esaurimento della fiducia nelle istituzioni sovranazionali.
Una scelta simile comporterebbe anche notevoli rischi e sfide. L'Italia dovrebbe affrontare il possibile isolamento economico e politico, la perdita dei benefici derivanti dal mercato unico e l'impatto sulle relazioni internazionali. Una transizione del genere richiederebbe una pianificazione estremamente accurata per evitare il crollo di settori vitali dell'economia e per garantire la stabilità sociale.

In sintesi, nell'uscita dall'UE ci sarebbe un'opportunità di recuperare piena sovranità e flessibilità decisionale, ma è essenziale valutare con attenzione se i benefici potenziali possono davvero superare costi e incertezze che accompagnerebbero un cambiamento radicale. L'Italia è pronta ad affrontare questo dibattito con un'analisi profonda e una visione a lungo termine, garantendo che ogni scelta sia finalizzata al benessere della nazione e dei suoi cittadini?

Rimini, 28/02/25
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I segnali di un'immagine generata dall'IA
L'intelligenza artificiale ha fatto passi da gigante nella generazione di immagini e video, ma ci sono ancora segnali che possono aiutarci a distinguere un contenuto falso da uno reale:
  • Dettagli incoerenti: Le immagini create dall'IA spesso contengono errori evidenti, come mani con troppe o poche dita, occhi asimmetrici o sfondi sfocati e poco coerenti.
  • Texture e illuminazione innaturali: La pelle nelle immagini AI può sembrare troppo perfetta o artificiale, con una mancanza di dettagli reali come pori e piccole imperfezioni.
  • Testo deformato: Se nell'immagine è presente del testo (come insegne o scritte sui vestiti), è probabile che appaia distorto o illeggibile.
  • Occhi e sguardi strani: Gli occhi nei volti generati dall'IA a volte sembrano vuoti o guardano in direzioni diverse.
  • Fonti sconosciute: Se un'immagine appare improvvisamente virale è sempre il caso di fare una verifica in più.
Come evitare di cadere nella trappola di notizie non vere

Per proteggersi dalle manipolazioni è importante sviluppare un approccio critico alle informazioni:
  1. Verificare la fonte: Da dove proviene l'immagine o il video?
  2. Cercare la stessa immagine altrove: Fare una ricerca inversa su Google può rivelare se un'immagine è stata alterata o decontestualizzata.
  3. Analizzare il contesto: È utile chiedersi: "Chi beneficia dalla diffusione di questa immagine? Cosa si vuole ottenere con questo tipo di immagine?".
  4. Controllare i dettagli: Gli errori nelle immagini o nei video generati dall’IA possono essere piccoli ma rivelatori.
  5. Non condividere impulsivamente: Prima di inoltrare una notizia o un'immagine, meglio fermarsi e riflettere sulla sua autenticità.
La censura non è la soluzione, la conoscenza sì

Di fronte alla diffusione di immagini e video falsi, la tentazione di invocare la censura è forte, ed è stata adoperata durante tutto il periodo della dichiarata emergenza pandemica covid (ed in altri periodi storici bui per l'umanità), silenziando le voci non allineate alla narrazione "ufficiale", ma è stato un errore che ha fatto crescere la diffidenza di moltissime persone nei confronti delle istituzioni.

La vera soluzione non è limitare le informazioni, ma educare le persone a riconoscere la manipolazione. Capire come funzioniamo noi, innanzitutto, come e perché manipoliamo inconsciamente gli altri per diverse ragioni, e poi capire come questa manipolazione viene fatta anche attraverso strumenti come le intelligenze artificiali, la vera soluzione è sviluppare uno spirito critico, questi sono gli strumenti più efficaci per difendersi dalla manipolazione altrui ed imparare a non utilizzare la manipolazione noi sugli altri. Affidarsi ciecamente ai politici o a chi decide cosa possiamo o non possiamo vedere, non fa altro che rafforzare il controllo sulle masse. Il punto non è eliminare le informazioni dall'alto, ma fornire ai cittadini gli strumenti per distinguere le informazioni false da quelle vere. Non possiamo credere a tutto ciò che ci propongono la televisione o i social senza un minimo di analisi e verifica. Non possiamo semplicemente rispondere: "perché lo dice la scienza". Ad esempio: se ci sono dubbi, perplessità e diffidenza nel farsi iniettare un farmaco di nuova generazione, non si possono obbligare le persone a iniettarselo per legge, bisogna fugare i dubbi con spiegazioni accessibili a tutti anziché semplicisticamente imbavagliare coloro che chiedono più risposte e rassicurazioni e sospendere/radiare dagli ordini professionali medici che invitano le istituzioni alla prudenza. Il pensiero critico è l'unica vera difesa contro la manipolazione.

Anche i media tradizionali possono sbagliare

Non bisogna però credere che il problema riguardi solo i social media o le piattaforme digitali. Anche i telegiornali e le testate giornalistiche possono commettere errori, trasmettere video manipolati o diffondere informazioni non verificate. In alcuni casi, possono persino prestarsi a censure o propagande politiche. Per questo, non ci si può fidare ciecamente nemmeno dei siti istituzionali o delle fonti cosiddette ufficiali. La chiave sta nel mantenere sempre un atteggiamento critico e nell'approfondire le notizie attingendo direttamente alla fonte quando possibile. Se ciò non è fattibile, è utile confrontare più fonti diverse sullo stesso argomento e cercare di mediare tra i vari punti di vista. Come dicevano i Romani: In medio stat veritas.

Conclusione

L'era digitale ci mette di fronte a sfide inedite, ma la soluzione non è chiudere gli occhi o affidarsi a un'autorità che decida per noi cosa è vero e cosa è falso. Bisogna invece imparare a navigare con consapevolezza nel mare dell'informazione di massa, sviluppando un sano scetticismo e verificando sempre ciò che vediamo e leggiamo. Solo così potremo costruire una società più informata e libera.

Rimini, 20/02/25
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L'informazione italiana: tra censura e manipolazione
La politica e l'informazione sono due facce della stessa medaglia, specchi che riflettono lo stato di salute della società. Negli ultimi anni, in Italia, l'informazione ha smesso di essere un faro di verità e trasparenza, trasformandosi in uno strumento di propaganda, spesso fazioso e manipolativo. Se la politica è lo specchio della società, allora la stampa ne è la voce, ma quando questa voce è distorta, diventa impossibile avere una visione chiara e completa della realtà.

Voci fuori dal coro: usate e poi censurate

Un esempio lampante di questa dinamica è emerso di recente con il caso di Marinella Mondaini. Slavista e analista politica da anni cerca di far comprendere le ragioni nel conflitto ucraino anche dalla prospettiva dei popoli russofoni. La Mondaini è stata anche ospite nei talk show italiani, nel tentativo di promuovere un reale confronto, ma quando si è resa conto che la sua presenza veniva utilizzata solo per fare audience, ha declinato ulteriori inviti.

Questa è la realtà per la quale abbiamo visto sparire a poco a poco le poche e reali voci divergenti dalla narrazione "ufficiale" che avevamo qualche volta intravvisto nei programmi di approfondimento politico in televisione: una volta esaurita la loro funzione di "voce controcorrente", utile a creare polemica e audience, sono stati silenziati, basti pensare a Diego Fusaro, ospite fisso ad alcune trasmissioni e poi scomparso, o a tanti altri che non si vedono più nelle televisioni per lo stesso motivo di Marinella. Ma quando Marinella ha provato a proporre ad uno dei tanti giornali un vero dibattito, legato alla proiezione del docufilm "I Bambini del Donbass" e al successivo confronto pubblico a Rimini, l'evento è stato praticamente ignorato e infatti sull'articolo non vi è traccia (fonte: Primo articolo su Il Resto del Carlino). In compenso l'indomani, lo stesso giornale ha proposto un articolo contro la voce di Marinella (fonte: Secondo articolo su Il Resto del Carlino).

Informazione o tifoseria?

Oggi in Italia non assistiamo più a un giornalismo libero e indipendente. Gli articoli sembrano più editoriali di parte, dove la verità dei fatti emerge solo confrontando le narrazioni contrapposte delle testate politicamente schierate coi partiti di rifermento. Il ruolo del giornalista come mediatore della realtà è stato sostituito da quello dell'opinionista, se non addirittura del propagandista. Così facendo, si priva la popolazione della possibilità di formarsi un'opinione critica e consapevole.

Spezzare il circolo vizioso

L'evento di sabato 22 febbraio a Rimini vuole proprio mettere in luce questa ipocrisia dell'informazione italiana. Promuovendo una discussione aperta e trasparente, si offre ai cittadini l'opportunità, ormai rara, di accedere a voci e punti di vista differenti da quel che di solito ci propinano i nostri politici e la nostra stampa. Il mio obiettivo, come organizzatrice di questo ed altri eventi, è contribuire a porre fine alla polarizzazione dell'opinione pubblica, che viene spesso alimentata da una stampa che ha smesso di informare allineandosi ai due maggiori schieramenti politici del Paese (centro destra o centro sinistra).

I pericolosi precedenti: dall'emergenza sanitaria alla guerra

Questa tendenza non è nuova. Durante la proclamata emergenza sanitaria, le voci dei medici che chiedevano cautela rispetto alla somministrazione di massa dei nuovi farmaci "detti vaccini anticovid", sono state messe a tacere. Alcuni di loro sono stati persino radiati o ostracizzati, impedendo un dibattito scientifico aperto e costruttivo. Oggi la storia sembra ripetersi con la questione ucraina, dove chiunque provi a proporre una narrativa diversa da quella ufficiale rischia di essere censurato.

Con questo evento del 22 febbraio a Rimini vorremmo ricordare ai nostri politici che la diplomazia e il dialogo sono l'unica via per la pace, non certo le armi e la guerra.

La necessità di una nuova informazione e di una nuova politica

Il fatto che oltre il 50% degli italiani non si rechi più alle urne è un segnale chiaro: la politica e l'informazione hanno perso credibilità. I cittadini non si sentono rappresentati, né dai partiti né dai media. Questo scollamento tra popolo e istituzioni è pericoloso e va sanato attraverso il ritorno a un'informazione libera e imparziale.

Con eventi come quello di Rimini, proviamo a ricucire questo strappo, restituendo ai cittadini il diritto di essere informati davvero, di poter ascoltare tutte le campane e di formarsi una propria opinione, senza censure né manipolazioni. Perché solo un popolo consapevole e informato può realmente contribuire alla costruzione di un futuro di pace e stabilità, come recentemente ha sottolineato il vicepresidente degli Stati Uniti, J. D. Vance ricordando ai leader europei che la democrazia non si può fondare sulla censura delle voci dissidenti.

È ora che i giornalisti tornino a essere fedeli alla loro missione: raccontare i fatti, tutti i fatti, senza paura e senza pregiudizi. Solo così potremo davvero riportare la politica e l'informazione al servizio del bene comune. Il cambiamento è possibile e l'informazione deve tornare ad essere libera, rispettando la libertà di espressione, come sancito da ogni carta costituente dei paesi veramente democratici.

Rimini, 19/02/25
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Il cambiamento inizia da dentro
Il mondo non si costruisce da solo e tanto meno dall'alto, ma dal profondo e dall'agire di ogni individuo. Lavorare su di sé per diventare persone "migliori", più integre, è il primo passo per trasformare la realtà esterna. Quando sviluppiamo onestà, altruismo e responsabilità, smettiamo di essere manipolabili e iniziamo a compiere scelte consapevoli, anche in ambito politico. E quando un numero sufficiente di persone fa questo salto di coscienza, l'intera società ne viene trasformata.

Ma questo non basta: il cambiamento non viene da sé, va cercato e costruito. Per questo è fondamentale promuovere e partecipare ad atti politici concreti: firmare petizioni, organizzare manifestazioni, eventi, conferenze, riunioni e dibattiti per sensibilizzare, informare e far crescere la consapevolezza, se non si ha tempo per impegnarsi in prima persona nell'organizzare queste attività si può contribuire al cambiamento partecipando e sostenendo le persone ed i movimenti che lo fanno e lottano per un cambiamento autentico. Tutti questi sono atti politici significativi, come anche organizzarsi per essere presenti nelle competizioni elettorali formando liste civiche o partiti politici costituiti da uomini e donne consapevoli è un passo in avanti per cambiare l'agenda politica 2030 e proporne una nuova, basata su valori autentici e da noi condivisi. Anche boicottare i prodotti di aziende multinazionali che danneggiano il pianeta, sfruttano i lavoratori e distruggono le piccole e medie imprese è un atto politico significativo, perché colpisce direttamente le dinamiche economiche che alimentano le ingiustizie. Quindi sono molte le azioni che un popolo consapevole può mettere in atto per "cambiare le cose", ma prima bisogna divenire consapevoli!

La responsabilità di agire

Un essere umano risvegliato non dovrebbe forse sentirsi chiamato a intervenire di fronte alle ingiustizie? Non dovrebbe chiedersi se sia giusto chiudere gli occhi davanti a una classe politica che non rispecchia i veri valori dell'umanità? Se non ci muoviamo in prima persona, partecipando, informandoci e informando, come potrà mai avvenire questo cambiamento? Se chi ha più testa non la usa, il rischio è quello di lasciare che "il gregge" trascini verso il basso la nostra comunità, come tristemente è accaduto negli ultimi anni, in cui la paura ha annebbiato la mente della stragrande maggioranza delle persone. Per questo, partecipare agli eventi di sensibilizzazione, condividere notizie che i mass media censurano, promuovere e sostenere attivamente iniziative di cambiamento è fondamentale. Informarsi e studiare le dinamiche politiche ed economiche, non restare inerti di fronte alle manipolazioni del sistema, è già una forma di resistenza e attivismo consapevole.

L'esempio di chi ha cambiato il mondo

La storia ci ha mostrato che il vero cambiamento nasce sempre da persone che scelgono di non restare inermi davanti all'ingiustizia. Se Gandhi non avesse promosso il suo pensiero attraverso "la marcia del sale" e la politica della non-violenza, l'India sarebbe rimasta schiava del colonialismo britannico. Se Martin Luther King non si fosse attivato dando voce al suo popolo, molti diritti civili negli Stati Uniti sarebbero ancora un'utopia, e come non citare Rosa Parks, che con un gesto semplice ma potente ha acceso la scintilla di una rivoluzione. Se Nelson Mandela avesse accettato passivamente l'apartheid, il Sudafrica non avrebbe mai conosciuto la libertà dagli oppressori. E come dimenticare Emmeline Pankhurst, leader del movimento delle suffragette, che ha lottato con determinazione e coraggio per il diritto di voto delle donne, aprendo la strada a una società più equa e giusta, così come tanti altri uomini e donne, noti e meno noti, che hanno sfidato il fanatismo e le tirannie con coraggio e determinazione, contribuendo alle liberazione di intere nazioni ed all'evoluzione del mondo. Ognuno di loro ha scelto di agire, di partecipare, di organizzare e di resistere alle tirannie portando un reale cambiamento.

Agire ora per il futuro

Questi esempi sono un monito per il presente, non appartengono solo alla storia. Anche oggi abbiamo il dovere di agire, di non cedere alla paura o all'indifferenza. Ogni piccolo gesto conta: informarsi da fonti indipendenti, dialogare con chi la pensa diversamente, sostenere chi lavora per un cambiamento autentico, e soprattutto, difendere la democrazia scegliendo con coscienza chi può rappresentarci e se non li troviamo degni, impegnarci in prima persona a rappresentare noi stessi, i nostri valori ed i valori di coloro che la pensano come noi. Partecipare attivamente agli eventi, promuoverli e diffonderli, è parte integrante dell'attivismo che porta al cambiamento. La politica è lo specchio della società e solo cambiando noi stessi e agendo concretamente possiamo trasformarla davvero. Il futuro dipende da noi. Siamo pronti a esserne all'altezza?

Rimini, 18/02/25
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La Manipolazione dell'Opinione Pubblica attraverso un'Informazione Parziale
I media mainstream, spesso controllati da potenti gruppi politici ed economici, tendono a promuovere una visione unilaterale degli eventi. Questa rappresentazione parziale crea una percezione distorta della realtà, orientando le opinioni dei cittadini verso determinate posizioni e marginalizzando voci dissenzienti. Di conseguenza, l'elettorato prende decisioni basate su informazioni incomplete o faziose, compromettendo la genuinità dei processi democratici.

Il Paradosso dei Social Media: Spazi di Libertà sotto Minaccia

In risposta all'ostracismo dei media tradizionali, molte nuove formazioni politiche e movimenti alternativi hanno trovato nei social media una piattaforma per esprimersi. Tuttavia, questi spazi digitali sono sempre più soggetti a tentativi di censura da parte dei governi, preoccupati per la diffusione di contenuti che sfidano lo status quo. Mentre le reti televisive e la carta stampata sono già ampiamente controllate, i social media rappresentano l'ultima frontiera per la libertà d'espressione, ora minacciata da regolamenti restrittivi e interventi censori.

La Libertà di Stampa in Italia: Una Situazione Allarmante

La situazione italiana è emblematica di questa crisi. Nel 2024, l'Italia è scesa al 46° posto su 180 nella classifica mondiale della libertà di stampa stilata da Reporter Senza Frontiere, perdendo cinque posizioni rispetto all'anno precedente. Questo declino è attribuibile a diverse cause, tra cui pressioni politiche, tentativi di acquisizione dei media da parte di esponenti governativi e l'introduzione di leggi che limitano la divulgazione di informazioni sensibili. Tali dinamiche evidenziano come i giornalisti italiani operino in un contesto di crescente intimidazione e censura, compromettendo la qualità e l'indipendenza dell'informazione.

Un Caso Concreto: La Proiezione del Documentario Censurato

Questa realtà di censura e di controllo dell'informazione la viviamo in prima persona ogni giorno. Fatichiamo a trovare spazi nei mass media tradizionali per informare la popolazione sulle nostre iniziative, perché le nostre idee e le nostre denunce non rientrano nella narrativa dominante. Un esempio lampante è la proiezione del documentario "I Bambini del Donbass", che si terrà sabato 22 febbraio a Rimini. Questo docufilm racconta la guerra in Ucraina prima dell'intervento russo, quando l'esercito ucraino combatteva contro i civili, bambini compresi, nella regione del Donbass.
Più volte alcuni politici hanno tentato di censurare questo documentario, riuscendoci in alcuni casi, proprio perché tratta di una verità scomoda e poco raccontata. Per evitare ulteriori tentativi di boicottaggio, l'indirizzo esatto della proiezione verrà comunicato solo ai prenotati il 21 febbraio.
Unisciti a noi per fare la differenza! Questo evento non è solo una proiezione, ma un'opportunità per aprire gli occhi su realtà spesso ignorate e per far sentire la tua voce in un dibattito che ci riguarda tutti. Se credi nella verità, nella giustizia e in una politica estera basata sulla pace e non sulle armi, non restare in silenzio! Partecipa, informati, confrontati e diventa parte attiva del cambiamento.

Quindi aiutaci a costruire un futuro basato sul dialogo e prenota il tuo posto per partecipare all'evento:

📅 Data: Sabato 22 febbraio
📍 Luogo: Rimini (l'indirizzo esatto sarà comunicato il 21 febbraio ai prenotati)
🕒 Ore 15:30 - Proiezione
🎬 Proiezione del docufilm "I Bambini del Donbass"
🕕 Ore 17:00 - Dibattito con:
🔹️ Vincenzo Lorusso, giornalista freelance in collegamento da Lugansk (LNR-Russia)
🔹️ Paolo Borgognone, scrittore e storico
🔹️ Marinella Mondaini, slavista e analista geopolitica

🔔 Prenotazione obbligatoria:
📧 Email: info@lucianabriganti.it
🌐 Sito web: www.lucianabriganti.it/eventi
📲 WhatsApp: 3282546982
Ingresso libero e consapevole.

Rimini, 17/02/25
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Un Progetto Che Avrebbe Potuto Cambiare il Centro di Rimini
Il tunnel, concepito per essere accessibile anche al trasporto pubblico, avrebbe avuto un percorso strategico: imboccabile all’altezza di Via Fracassi, attraversava in sotterranea il parco XXV Aprile, passando sotto le vie Ceccarelli, Tosi e Olivieri, per emergere nel parcheggio Tiberio e collegarsi così in modo sicuro al centro storico e al borgo San Giuliano. L’idea era quella di dare nuova linfa alla riqualificazione dell’intera area, salvaguardando il bimillenario Ponte di Tiberio dal traffico veicolare e creando un nodo di connessione fondamentale per la mobilità cittadina. (IcaroTv: Progetto Tunnel Ponte Tiberio)

Già nel 2010, durante la terza Commissione consiliare Territorio, Ambiente e Mobilità, fu presentato lo studio di fattibilità realizzato dalla società di ingegneria Antao (Progetto Tunnel & Requalification Ponte Tiberio – Rimini). In quell’occasione, l’assessore ai Lavori Pubblici, Juri Magrini, sottolineò come si trattasse di un’opera pubblica “pura”, una soluzione concreta che, se appaltata, avrebbe potuto essere terminata entro il 2014, in perfetta sinergia con il progetto di riqualificazione dell’area e la sistemazione definitiva del parco.

Il Rilancio del Progetto da Parte del Comitato del Rione Clodio

Oggi, il Comitato dei cittadini del Rione Clodio rilancia con determinazione il progetto originario, che ormai ha circa 15 anni. I residenti del quartiere, costretti a vivere confinati in casa a causa dell'elevato smog generato dal traffico incessante sulle loro vie, vedono nel tunnel un'opportunità concreta per migliorare la qualità della vita loro e dei cittadini tutti. Durante un recente incontro pubblico presso la Sala Sant'Agostino, il tecnico Salvatore De Vita ha presentato una variante del progetto che, secondo il Comitato, resta tecnicamente fattibile.

Il nuovo piano prevede un tunnel di 300 metri, con due corsie fiancheggiate da marciapiedi e, addirittura, la realizzazione di un parcheggio interrato sotto l'attuale area a raso nel Borgo. I calcoli indicano un potenziale risparmio annuo di circa 6,17 milioni di euro, considerando i costi di tempo, i costi dei mezzi e quelli sociali, su una stima di 20.000 veicoli che transitavano sul ponte (dati 2014). Se a Genova si sta lavorando a un tunnel di 3,5 km a 40 metri sotto il mare, come sostiene il Comitato, un tunnel di 300 metri a Rimini non è solo possibile, ma necessario per alleviare la pressione sul Rione Clodio e migliorare l'accessibilità del centro storico. (Il Comitato Rione Clodio rilancia il tunnel per risolvere il nodo del traffico)

La Rovina di un’Idea che Poteva Fare la Differenza

Purtroppo, l’opportunità di realizzare questo tunnel, che avrebbe offerto benefici tangibili a tutta la cittadinanza, è stata gravemente sprecata. L’amministrazione successiva, guidata dal Gnassi, ha scelto di riqualificare l’area con la creazione della “Piazza sull’Acqua” e altre opere di recupero del centro storico, arrivando persino alla pedonalizzazione del Ponte di Tiberio. Tuttavia, in questo percorso non sono state trovate soluzioni alternative al tunnel, sacrificando elementi fondamentali come il Rione Clodio e la stretta Via Ducale, rimasta l’unica via di scorrimento in un centro in gran parte pedonalizzato.

Un ulteriore ostacolo emerse con la sopravvenuta impossibilità di utilizzare un’area originariamente destinata al tunnel, a causa della nascita di nuove costruzioni. Di conseguenza, il tracciato previsto dovette essere modificato, e l’ipotesi del tunnel fu definitivamente accantonata.

Un’Onda di Delusione per la Cittadinanza

Questa vicenda rappresenta un esempio lampante di come le occasioni per realizzare opere pubbliche utili e innovative possano essere sacrificate per mancanza di visione e di coraggio politico. Rimini, città ricca di storia e di potenzialità, meriterebbe soluzioni che rispondano veramente alle esigenze della comunità, favorendo la mobilità sostenibile, la sicurezza e la qualità della vita. Il tunnel di Tiberio non era solo un progetto infrastrutturale: era la promessa di un futuro migliore, capace di unire il patrimonio storico con le necessità moderne della città.

È davvero triste constatare come una proposta fattibile e benefica per tutti sia stata lasciata morire, simbolo di una gestione che ha preferito soluzioni parziali e compromessi, anziché investire in un’opera che avrebbe potuto rivoluzionare l’assetto urbano e migliorare la vita quotidiana dei cittadini.

Conclusioni

La mancata realizzazione del tunnel di Tiberio è una sprecata opportunità, un’occasione mancata che ancora oggi pesa sulla mobilità e vivibilità di Rimini. In un’epoca in cui le città devono rinnovarsi per rispondere alle sfide del futuro, è fondamentale che le amministrazioni locali abbiano il coraggio di investire in opere pubbliche concrete e lungimiranti, che non siano solo suggestioni su carta, ma realtà capaci di migliorare la vita dei cittadini.

Rimini merita di più: merita un'amministrazione che ascolta i suoi cittadini, che guarda al futuro rispettando le sue radici, e che investe in soluzioni efficaci per una mobilità sostenibile e una riqualificazione urbana all’altezza delle aspettative di chi ci vive ogni giorno.

Se anche voi ritenete che Rimini meriti opere pubbliche davvero utili per la cittadinanza, condividete questo articolo e fate sentire la vostra voce. Solo insieme possiamo esigere una gestione che sappia trasformare le buone idee in realtà concrete!

Rimini, 13/02/25
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Caratteristiche dell'altruismo
Il vero altruismo si distingue per la sua natura disinteressata e per la capacità di mettersi al servizio degli altri senza secondi fini. Chi è un autentico altruista:

  • La sua motivazione principale è il desiderio di alleviare la sofferenza altrui e di sostenere chi ha bisogno, senza cercare approvazione o riconoscimento.
  • L’impegno non è legato a momenti di crisi o a necessità contingenti, ma rappresenta uno stile di vita, una scelta consapevole di vivere in armonia con i principi della solidarietà con coerenza e costanza.
  • Le azioni intraprese mirano a creare un impatto positivo non solo su singoli individui, ma sull’intera comunità. Che si tratti di supportare iniziative sociali, di impegnarsi per la tutela dei diritti dei più vulnerabili o di partecipare attivamente alla vita civica, il vero altruismo guarda oltre l’interesse personale e promuove il bene collettivo.
Come distinguere il vero altruismo dal gesto simbolico

Non è raro imbattersi in comportamenti che, pur apparendo altruistici, sono in realtà guidati da interessi personali, da una ricerca di status o dalla necessità di sentirsi indispensabili. Ecco alcuni segnali che possono aiutare a distinguere tra i due approcci:

  • Motivazioni trasparenti: Gli autentici altruisti parlano apertamente delle loro motivazioni, che non ruotano attorno a benefici personali, ma alla volontà di fare la differenza nella vita degli altri. Al contrario, chi pratica un altruismo "di facciata" tende a enfatizzare l’aspetto visibile del gesto, spesso cercando consensi e lodi.
  • Impegno a lungo termine: Se una persona è costantemente coinvolta in attività sociali o benefiche, anche quando la situazione non richiede un intervento immediato, è probabile che il suo impegno sia genuino. Al contrario, gesti improvvisi e occasionali, potrebbero essere indicativi di un comportamento più orientato verso sé stessi.
  • Riconoscimento dell’autonomia altrui: Chi agisce con vero spirito altruista sa valorizzare l’autonomia degli altri, senza cercare di controllare o sottomettere. Il falso altruismo può rivelarsi nel tentativo di imporre la propria visione e nel bisogno di “salvare” gli altri.
Il potere della solidarietà autentica

Gli individui, che si impegnano per il benessere dei bambini, per la giustizia sociale o per la pace nel mondo, rappresentano un faro di speranza in una società che spesso cade nella trappola del narcisismo e dell’egoismo, dimostrano che è possibile agire per il bene comune senza perdere di vista l’importanza della propria crescita personale. Il loro esempio ci insegna che il contributo più significativo alla nostra comunità nasce da un impegno costante, piuttosto che da gesti occasionali e mirati a soddisfare un bisogno di riconoscimento:

  • Come possiamo coltivare il vero altruismo? Promuovendo l’ascolto, il dialogo e la comprensione reciproca. Le scuole e le famiglie giocano un ruolo cruciale nel formare cittadini capaci di guardare oltre se stessi.
  • Essere esempi di comportamento: Ognuno di noi può fare la differenza. Impegnarsi in attività di volontariato, sostenere cause sociali e contribuire alla crescita della comunità sono modi concreti per coltivare un senso di solidarietà che vada oltre il mero gesto simbolico.
  • Promuovere la trasparenza: In un’epoca in cui le apparenze possono ingannare, è essenziale valorizzare e premiare l’impegno autentico, riconoscendo pubblicamente chi lavora per il bene comune senza secondi fini.
Conclusioni

Il vero altruismo è una risorsa preziosa per costruire una società più giusta e solidale. Imparare a riconoscere e valorizzare chi agisce per il bene degli altri è fondamentale per contrastare il crescente menefreghismo e l’egoismo dilagante. Riflettiamo sulle nostre motivazioni ed impegniamoci quotidianamente per promuovere una cultura dell’aiuto genuino, perché solo insieme possiamo fare la differenza.

Rimini, 10/02/25
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Il caso di Israele e Gaza
Uno degli esempi più lampanti di questo doppio standard è il trattamento riservato a Israele, che da decenni occupa territori palestinesi e bombarda ripetutamente Gaza, causando migliaia di vittime civili. L’Occidente, con poche eccezioni, continua a fornire supporto incondizionato a Israele, giustificando ogni sua azione con il diritto alla difesa, mentre qualsiasi reazione palestinese viene immediatamente bollata come terrorismo. Se un altro Stato agisse nello stesso modo, l’indignazione internazionale sarebbe immediata e le sanzioni sarebbero automatiche, come abbiamo visto in altri scenari.

Le Isole Malvinas: un’occupazione dimenticata

L’ipocrisia occidentale è evidente anche nel caso delle Isole Malvinas (Falkland), invase e occupate dal Regno Unito nonostante siano a oltre 12.000 chilometri di distanza dalla Gran Bretagna e si trovino chiaramente nella zona d’influenza dell’Argentina. Quando nel 1982 l’Argentina tentò di riprendere il controllo delle isole, Londra rispose con una guerra e un massiccio spiegamento militare, sostenuto dagli Stati Uniti e dalla NATO. Nessuno parlò allora di invasione britannica, né furono imposte sanzioni contro il Regno Unito per la sua aggressione.

Interventi militari mascherati da missioni di pace

La storia recente è piena di esempi in cui l’Occidente ha invaso paesi sovrani sotto il pretesto della “liberazione” o della “stabilità regionale”, quando in realtà il vero obiettivo era il controllo di risorse naturali e strategiche:
  • Iraq (2003): La guerra fu giustificata con la presunta presenza di armi di distruzione di massa, mai trovate. In realtà, l’obiettivo era il controllo delle risorse petrolifere e il rafforzamento dell’egemonia statunitense in Medio Oriente. 20 marzo 2003 | GLI USA INVADONO L'IRAQ
  • Libia (2011): L’intervento NATO portò alla caduta di Gheddafi, ma il paese è sprofondato nel caos, diventando un terreno fertile per gruppi terroristici e tratta di esseri umani. Anche in questo caso, la vera motivazione era il petrolio libico.
  • Afghanistan (2001-2021): Per vent’anni, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno occupato il paese con il pretesto di combattere il terrorismo e costruire una democrazia. Il risultato è stato un ritiro disastroso e il ritorno al potere dei Talebani.
  • Siria (dal 2011): Gli Stati Uniti e i loro alleati hanno sostenuto gruppi ribelli e condotto operazioni militari con il pretesto di abbattere il regime di Assad, contribuendo invece alla destabilizzazione della regione.

L’ipocrisia occidentale con la Russia e l’Ucraina

Il doppio standard dell’Occidente è emerso in modo eclatante con l’operazione militare russa in Ucraina. Se da un lato la Russia è stata immediatamente sanzionata, isolata diplomaticamente e condannata con forza per la sua invasione, lo stesso trattamento non è stato mai riservato agli Stati Uniti, al Regno Unito o alla NATO per le loro guerre in Medio Oriente e altrove. Le stesse nazioni che hanno invaso l’Iraq senza prove concrete, distrutto la Libia e devastato l’Afghanistan ora si ergono a difensori della sovranità e del diritto internazionale. Questo atteggiamento ipocrita dimostra come la condanna delle invasioni non sia una questione di principi, ma di interessi: se a invadere è un alleato dell’Occidente, si chiude un occhio; se lo fa un rivale geopolitico, scatta l’indignazione globale.

Il vero scopo: il dominio economico e strategico

In tutti questi casi, è evidente che l’Occidente non interviene per difendere i diritti umani o la democrazia, ma per proteggere i propri interessi economici e geopolitici. Petrolio, gas, risorse minerarie e posizioni strategiche sono le vere ragioni dietro molte delle guerre e degli interventi militari degli ultimi decenni.
Il doppio standard si manifesta nel fatto che quando un paese occidentale invade, bombarda o destabilizza un’altra nazione, lo fa in nome della libertà e della giustizia. Ma quando lo stesso comportamento viene adottato da paesi rivali o non allineati, si grida immediatamente all’aggressione, alle sanzioni e alla condanna internazionale.

Conclusione

L’Occidente ha costruito una narrazione che gli permette di giustificare le proprie azioni mentre condanna quelle degli altri. È fondamentale che l’opinione pubblica prenda coscienza di questa ipocrisia e inizi a mettere in discussione la propaganda ufficiale che ci viene propinata dai media mainstream. Solo attraverso una maggiore consapevolezza e un’informazione indipendente possiamo sperare di smascherare questi doppi standard e costruire un mondo più giusto e trasparente.

Rimini, 07/02/25
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Il Declino dei Mestieri Manuali
Un tempo, il lavoro artigianale era fonte di orgoglio e una vera e propria forma d'arte. Le mani esperte sapevano costruire, riparare, creare oggetti unici, dando vita a soluzioni personalizzate e durature. Oggi, però, assistiamo a un progressivo abbandono di queste professioni: le nuove generazioni, attratte da settori percepiti come più moderni, preferiscono carriere nel digitale o in ambiti considerati più “puliti” e meno faticosi.

Questo spostamento non è solamente un cambiamento nelle aspirazioni lavorative, ma rappresenta una vera e propria crisi per l’artigianato. Pensateci: tra qualche decennio, quando la maggior parte degli artigiani – coloro che hanno forgiato la nostra storia e mantenuto in vita la tradizione della riparazione e della costruzione – andrà in pensione, cosa succederà? Come si farà a risolvere problemi quotidiani, piccole riparazioni in casa o interventi di manutenzione, se mancherà chi sappia farlo con la stessa cura e dedizione?

L'Intelligenza Artificiale: Un Potenziale Sostituto o un Supporto?

C'è chi pensa che l'intelligenza artificiale e le tecnologie emergenti possano colmare questo vuoto. Ma, davvero, vedremo cosa ne farà l'AI quando non ci saranno più artigiani esperti a cui affidarci? La tecnologia, per quanto avanzata, non potrà replicare completamente quel tocco umano, quella sensibilità acquisita nel tempo, la capacità di adattarsi a situazioni impreviste e di risolvere problemi in maniera creativa.

L'intelligenza artificiale potrebbe, al meglio, essere uno strumento di supporto: assistendo gli artigiani nelle diagnosi di problemi complessi, suggerendo soluzioni basate su dati e algoritmi, o addirittura gestendo alcuni compiti ripetitivi. Tuttavia, non potrà mai sostituire completamente l’esperienza e l’ingegno umano, qualità che si sviluppano con il tempo e l’impegno sul campo.

Un'Eroe d'Infanzia nel Mondo Reale

Io ho avuto la fortuna di sposare un Uomo che ricorda il mio eroe d'infanzia: MacGyver! Con le sue mani d'oro, è capace di costruire, riparare e inventare soluzioni per ogni evenienza. È un raro esempio di come la passione e la competenza artigianale siano ancora vive, nonostante la tendenza a rinunciare a queste professioni. In un mondo in cui sempre meno uomini e donne scelgono la via dell'artigianato, lui rappresenta una speranza e un monito: il valore del lavoro manuale non deve andare perduto.

Conclusioni

La crisi dei mestieri manuali è una realtà che non possiamo ignorare. Se non si interviene per valorizzare e trasmettere le competenze artigianali alle nuove generazioni, rischiamo di trovarci in un futuro dove, in assenza di una rete di professionisti esperti, l'intelligenza artificiale non sarà in grado di colmare il vuoto.

Le istituzioni dovrebbero invogliare i giovani a riscoprire il valore del lavoro manuale, promuovere corsi di formazione, incentivare il trasferimento di conoscenze e dare più spazio e risalto a chi incarna quella tradizione di abilità e creatività. Solo così potremo garantire un equilibrio tra innovazione tecnologica e la preservazione di un patrimonio culturale e lavorativo, un equilibrio che è fondamentale per la nostra società.

Rimini, 06/02/25
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Un Progetto Costituzionale Dimenticato
Lo sapevate che durante i lavori dell’Assemblea Costituente, alcuni parlamentari e intellettuali si interrogarono sul rischio di un potenziale abuso di potere da parte dello Stato. L’idea era quella di riconoscere formalmente il diritto di resistenza, un meccanismo ultimo che avrebbe permesso ai cittadini di opporsi, anche con la forza, a un regime che avesse tradito i principi fondamentali della libertà e della democrazia.

I timori erano che in un contesto di forte entusiasmo repubblicano e desiderio di consolidare un nuovo assetto istituzionale, l’introduzione di un simile articolo divenisse un possibile incentivo a comportamenti sovversivi e destabilizzanti. Fu così deciso di affidare la tutela dei diritti fondamentali e la prevenzione degli abusi esclusivamente ai meccanismi istituzionali, alla separazione dei poteri e al sistema di pesi e contrappesi.

Il Contesto Oggi: Disaffezione e Crisi della Partecipazione Democratica

Oggi, a distanza di decenni dalla nascita della nostra Costituzione, assistiamo a una crescente disaffezione nei confronti della politica. Le statistiche rivelano che quasi la metà dei cittadini non si reca più alle urne per eleggere i propri rappresentanti. Questa apatia, che può essere interpretata come una sfiducia nelle istituzioni e nel sistema politico, mette in luce un problema profondo: la crisi della partecipazione democratica.

In un clima in cui la politica sembra allontanarsi dai bisogni reali della gente e dove la comunicazione istituzionale viene spesso percepita come distante, inautentica e autoritaria, il ricordo della proposta di un diritto alla resistenza assume una dimensione inquietante. Se da un lato la nostra Costituzione si fonda sul rispetto delle regole democratiche e dei meccanismi di controllo, dall’altro la disaffezione e il senso di impotenza possono condurre a un distacco pericoloso dalla realtà politica e dai suoi strumenti democratici.

Il Paradosso del Diritto di Resistenza

La proposta di un articolo che inviti alla resistenza in caso di abuso di potere era nata da una preoccupazione reale per il futuro della democrazia. Eppure, oggi ci troviamo a doverci interrogare se, in un sistema dove quasi metà dei cittadini ha smesso di partecipare attivamente, non stiamo assistendo a una sorta di crollo dei meccanismi di controllo e partecipazione.

Da una parte, il diritto alla resistenza avrebbe potuto rappresentare una garanzia ultima per difendere la libertà; dall’altra, la sua esplicita enunciazione avrebbe potuto alimentare conflitti e instabilità. Il compromesso scelto dai costituenti fu di affidare il mantenimento della democrazia ai canali istituzionali, con la speranza che una cittadinanza consapevole e partecipativa potesse controllare il potere. Tuttavia, la realtà odierna ci costringe a riconsiderare quanto questa fiducia sia ancora giustificata.

Riflessioni e Prospettive per il Futuro

Il dibattito sul diritto alla resistenza, seppur non materializzato nella nostra Carta, rappresenta un monito per tutti noi. È un richiamo a non dare per scontata la democrazia, a vigilare costantemente sul funzionamento delle istituzioni e a partecipare attivamente alla vita politica. La crisi della partecipazione e la disaffezione verso il voto sono sintomi di un sistema che, in molti casi, sembra aver dimenticato la voce dei cittadini.

In questo contesto, diventa fondamentale promuovere una maggiore informazione, educazione civica e, soprattutto, la consapevolezza che la democrazia è un bene da difendere quotidianamente. La mancanza di partecipazione può creare il terreno fertile per abusi di potere e, in ultima istanza, per la perdita di quella libertà che la Costituzione intendeva proteggere.

Conclusione

Il ricordo di quella proposta di un diritto alla resistenza ci invita a riflettere sul valore della partecipazione democratica e sulla necessità di mantenere vive le tradizioni di impegno civico. Oggi, più che mai, dobbiamo riconoscere che la democrazia non è un dato acquisito, ma un processo continuo che richiede l'attiva partecipazione di ogni cittadino. In un'epoca di crescente disaffezione politica, riscoprire e valorizzare la propria voce diventa un dovere per garantire che lo Stato rimanga al servizio del popolo, e non viceversa.

Invito tutti a riflettere su questo tema e a partecipare attivamente al dibattito, perché solo una società informata e partecipativa può davvero difendere i propri diritti e la propria libertà.

Rimini, 05/02/25
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Una visione che tratta i fragili come cavie
La posizione della senatrice appare problematica sotto diversi aspetti. Innanzitutto, il fatto di avere spinto con urgenza la somministrazione di questi farmaci sperimentali su anziani e persone fragili solleva una questione etica di grande rilevanza: perché proprio su di loro? La scelta di testare un trattamento su categorie così vulnerabili sembra ricalcare una logica sperimentale inaccettabile, dove le fasce più deboli della popolazione diventano terreno di prova per farmaci che, sebbene promettenti, necessitavano ancora di approfonditi studi sulla loro reale efficacia e sicurezza. Inoltre, il tono con cui Lorenzin rivendica di aver creato gli strumenti normativi necessari per bypassare i tempi di valutazione scientifica pone una seria questione di trasparenza e rigore metodologico. La scienza medica richiede approcci basati su evidenze, non su decreti o spinte politiche che rischiano di compromettere la fiducia nelle istituzioni sanitarie.

Il confronto con il modello tedesco: un paragone fallace

Lorenzin ha giustificato la sua posizione prendendo a modello la Germania, che ha adottato rapidamente i monoclonali. Tuttavia, il sistema sanitario tedesco è molto diverso da quello italiano, sia per struttura che per disponibilità di risorse. La Germania ha agito con maggiore cautela, accompagnando l’uso di questi farmaci con studi rigorosi e protocolli chiari. In Italia, invece, si sarebbe corso il rischio di una somministrazione affrettata senza una rete di monitoraggio adeguata.

La sanità non è un campo di battaglia politico

Un altro aspetto preoccupante è l’uso strumentale della vicenda da parte della senatrice per attaccare l’AIFA, accusata di essere troppo prudente. Se da un lato la prudenza eccessiva può essere un problema in situazioni emergenziali, dall’altro, la spinta all’uso rapido di terapie non ancora completamente validate mina la credibilità delle istituzioni sanitarie ed espone pazienti vulnerabili a possibili effetti collaterali non ancora del tutto conosciuti.
Inoltre, le dichiarazioni della Lorenzin sembrano insinuare che l’esitazione nell’approvazione sia dovuta a ragioni economiche o burocratiche piuttosto che a una valutazione scientifica ponderata. Questo tipo di narrazione ha contribuito a generare diffidenza e disinformazione, in un periodo in cui la popolazione aveva bisogno di certezze e di una comunicazione chiara e trasparente.

Conclusione: abbiamo bisogno di una politica sanitaria basata su scienza e non propaganda

La gestione della pandemia richiedeva decisioni basate su dati scientifici e strategie ponderate, non su dichiarazioni sensazionalistiche o su spinte politiche che di fatto hanno compromesso la sicurezza dei cittadini. Trattare gli anziani e i fragili come destinatari prioritari di una terapia ancora in fase di valutazione solleva questioni etiche e scientifiche che non possono essere più ignorate.

Le scelte in ambito sanitario devono essere guidate dal principio di precauzione e dalla tutela della salute pubblica, non dalla corsa a rivendicare meriti politici o a imporre soluzioni affrettate. Il caso vaccini covid e monoclonali insegna una lezione chiara: la scienza e la politica devono collaborare, ma senza che la seconda sovrasti la prima per mere opportunità di consenso.

Rimini, 02/02/25
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Oggi il mondo lo dirige chi compra
Viviamo in un’epoca in cui le grandi multinazionali e i governi cercano di imporre narrazioni, valori e scelte, ma alla fine c’è un elemento che regola tutto: il mercato. E il mercato è guidato dalle decisioni dei consumatori. Se un’azienda fa una scelta che il popolo non condivide, il popolo ha il potere di farle cambiare direzione semplicemente chiudendo il portafogli.

Il caso Bud Light è emblematico: una campagna pubblicitaria che puntava su un personaggio controverso, un attivista LGBT come Dylan Mulvaney, con l’obiettivo di catturare una nuova fetta di pubblico. La campagna era chiaramente orientata alla promozione della teoria gender, della transizione di sesso e della causa LGBT, cercando di imporre un determinato messaggio sociale attraverso il marketing. Tuttavia, il pubblico non ha gradito e ha risposto con una reazione immediata e potente: un boicottaggio su larga scala, la caduta delle vendite e il crollo del valore in Borsa, il titolo dell’azienda è crollato (-4,7%), perdendo circa 4,56 miliardi di dollari di capitalizzazione. Non sono state le istituzioni a decidere, non è stato un tribunale, non è stata la censura: è stata la volontà collettiva di chi compra a determinare il destino di un colosso industriale.
(Fonte: Il Giornale)

L’organizzazione è la chiave

Questo dimostra una grande verità: se il popolo si organizza, può cambiare il corso degli eventi. Se milioni di persone decidono consapevolmente di non supportare un’azienda, una banca, un governo che non rispecchia i loro valori, allora possono influenzare direttamente le politiche economiche e sociali globali.
Basti vedere l'ultima pubblicità della Bud Light, che è tornata alle sue origini puntando sul pubblico maschile.

Pensiamo agli scudi penali concessi ai medici vaccinatori o alla discussione sullo scudo penale per le forze dell’ordine durante le manifestazioni: il potere non dovrebbe mai essere sbilanciato a favore di pochi. Il popolo ha il diritto e il dovere di esercitare il proprio controllo su chi decide per lui. Come? Attraverso le scelte di consumo, attraverso la disobbedienza economica, attraverso il boicottaggio e la mobilitazione.

Conclusione: la scelta è nelle nostre mani

Il caso Bud Light ci insegna che il popolo non è impotente. Se smettiamo di sostenere aziende, governi e politiche che non rappresentano i nostri valori, possiamo realmente cambiare il mondo. Il mercato e la politica rispondono alla volontà collettiva. Dobbiamo solo smettere di credere di essere ininfluenti e iniziare a usare consapevolmente il nostro potere.

Il popolo esercita il potere attraverso il voto, ma anche attraverso ciò che decide di approvare con il proprio denaro.

Rimini, 02/02/25
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Domenico Arcuri assolto: quando la legge diventa una barzelletta
Un affare da miliardi, nessun colpevole

L’inchiesta riguardava la fornitura di oltre 800 milioni di mascherine dalla Cina, acquistate attraverso discutibili intermediazioni con aziende italiane. Il tutto per un valore di 1,25 miliardi di euro. Una gestione quanto meno opaca, che però oggi non merita alcuna conseguenza legale. Il Gup di Roma ha stabilito che Arcuri è assolto "perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato".

Gli altri imputati invece dovranno ancora vedersela con la giustizia, ma non per molto. Il Gup ha infatti sollevato dubbi di legittimità costituzionale sulla legge che disciplina il "traffico di influenze illecite", e il fascicolo è finito sulla scrivania della Corte Costituzionale. Un altro piccolo sforzo legislativo e potremmo trovarci di fronte a un’altra scomparsa miracolosa.
(Fonte: Leggo)

Il paradosso della giustizia italiana

Non è la prima volta che in Italia si assiste a una "depenalizzazione strategica". Se un reato è scomodo, basta eliminarlo e il problema è risolto. Non importa se la gestione della pandemia ha generato spese folli e contratti opachi, non importa se i cittadini hanno diritto a giustizia e trasparenza: la legge dice che non è più un reato e quindi non ci si può fare nulla.

C’è da chiedersi se questo sia davvero il nuovo corso della giustizia italiana: una giustizia fatta su misura per chi detiene il potere, dove gli errori (o peggio) non vengono puniti ma semplicemente cancellati. Intanto, i cittadini pagano il conto. Ma a quanto pare, questo non è un problema.

Lo scudo penale come strumento di impunità

La stessa logica dell'impunità si applica ad altri ambiti cruciali. Durante la campagna vaccinale, ai medici vaccinatori è stato concesso uno scudo penale, esentandoli da eventuali responsabilità per le conseguenze avverse delle vaccinazioni. Un’ulteriore conferma di come lo Stato protegga se stesso e i suoi funzionari, mentre i cittadini restano senza tutele reali.

Ora, il governo sta discutendo l'introduzione di un nuovo scudo penale per le forze dell'ordine, che le metterebbe al riparo da responsabilità in caso di interventi durante le manifestazioni di piazza. Un modo elegante per garantire che eventuali abusi o violenze commesse in nome dell'ordine pubblico non abbiano conseguenze legali.

Insomma, chi detiene il potere si assicura di non dover mai rendere conto delle proprie azioni.

Benvenuti nella Repubblica delle impunità, dove chi governa scrive le regole per se stesso e lascia i cittadini senza giustizia.

Rimini, 01/02/25
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Meloni nel mirino
Un attacco politico o una coincidenza giudiziaria?

L'analisi del contesto suggerisce che questa vicenda non si possa leggere come un semplice atto giudiziario. Il tempismo dell'inchiesta coincide con un momento delicato per Meloni, che ha recentemente mostrato segnali di avvicinamento a Donald Trump, creando frizioni con l'asse Biden-Macron-Von der Leyen. Un elemento che non passa inosservato, considerando l'attuale scontro tra visioni geopolitiche all'interno dell'Occidente.

La magistratura e la politica: una guerra di lunga data

La separazione delle carriere in magistratura e il suo ruolo nel condizionare la politica sono temi ricorrenti nella storia italiana, dal periodo di Tangentopoli fino ad oggi. L'azione dei magistrati contro il governo Meloni avviene mentre è in corso una forte protesta delle toghe contro la riforma Nordio, che mira a ridimensionare il potere della magistratura. Questo rafforza il sospetto che l'inchiesta sia parte di un più ampio braccio di ferro tra potere politico e giudiziario.

Gli equilibri finanziari e l’ombra europea

Un altro elemento cruciale è il contesto economico-finanziario. In questi giorni, si sta discutendo la fusione tra Generali e Natixis, operazione che darebbe vita a un colosso finanziario da 1.900 miliardi di euro, con un forte coinvolgimento francese. Il governo italiano ha mostrato resistenze a questa manovra, che rafforzerebbe il controllo francese sulla gestione del risparmio italiano. Questo potrebbe aver contribuito a rendere ancora più scomoda la posizione di Meloni nello scenario europeo.
(Fonte: Generali, il cda approva l’operazione con Natixis)

Il futuro di Meloni e del governo

L'inchiesta rappresenta un colpo alla stabilità politica italiana e apre interrogativi sul futuro del governo. Tuttavia, le condizioni per un esecutivo tecnico sembrano al momento assenti, e un ritorno alle urne appare poco probabile nel breve termine. La partita è ancora aperta, e il suo esito dipenderà dalla capacità di Meloni di resistere alle pressioni interne ed esterne.

Conclusione

Lo scenario attuale conferma quanto la politica italiana è fortemente influenzata da dinamiche di potere che vanno oltre i confini nazionali. Le mosse di Meloni, tra equilibri internazionali e scontri interni, potrebbero ridefinire il panorama politico italiano nei prossimi mesi. Resta da vedere se l’inchiesta sarà il preludio di una crisi di governo o se la Premier riuscirà a mantenere il controllo della situazione.

Rimini, 30/01/25
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Trump lascia l’OMS: la Lega lo segue
La prima cosa che salta agli occhi è l’evidente dipendenza politica dell’Italia dagli Stati Uniti. Fino a ieri, nessun partito del nostro Parlamento aveva nemmeno ventilato l’idea di uscire dall’OMS, nonostante anni di proteste popolari contro le politiche sanitarie dell’organizzazione. La gestione dell’emergenza COVID, con i suoi obblighi vaccinali e le misure restrittive, ha lasciato profonde ferite nella fiducia dei cittadini verso istituzioni sovranazionali come l’OMS, ma i politici italiani, a quanto pare, hanno preferito tacere.

Ora, invece, sull’onda del gesto di Trump, la Lega avanza la stessa proposta. E' lecito chiedersi a questo punto: perché una decisione così importante arriva solo dopo che Trump ha mostrato "la strada"? È possibile che i nostri rappresentanti abbiano bisogno del "permesso" o dell’esempio del presidente statunitense per compiere mosse che, fino a pochi mesi fa, sembravano impensabili?
(Fonte: conferenza stampa Lega)

Un'Italia priva di leadership autonoma?

Questo episodio solleva una questione cruciale: l’autonomia politica dell’Italia. Non è la prima volta che il nostro Paese sembra adottare decisioni importanti solo dopo che gli Stati Uniti le legittimano. La narrazione di un’Italia sovrana, capace di scegliere il proprio destino senza condizionamenti esterni, vacilla ogni volta che assistiamo a simili dinamiche. La domanda è inevitabile: se Trump non avesse deciso di lasciare l’OMS, qualcuno in Italia avrebbe mai avuto il coraggio di fare lo stesso?

L’OMS e la sfiducia diffusa

La scelta di uscire dall’OMS non è priva di giustificazioni. Durante l’emergenza COVID, l’organizzazione ha promosso politiche spesso percepite come autoritarie e talvolta discutibili. Dall’imposizione di lockdown generalizzati agli obblighi vaccinali, molte decisioni hanno suscitato perplessità, soprattutto alla luce degli effetti collaterali non sempre trasparentemente comunicati.

In questo contesto, chi si oppone a un’organizzazione percepita come troppo vicina agli interessi delle grandi case farmaceutiche trova terreno fertile per giustificare un'uscita. Tuttavia, la questione centrale rimane: perché solo ora? Perché ci si muove solo quando qualcun altro, nello specifico gli Stati Uniti, dà il via libera?

Il ruolo del popolo

Se c’è una lezione da trarre da questa vicenda, è che il voto conta. Gli elettori americani, scegliendo Trump, hanno innescato un effetto domino che potrebbe avere ripercussioni anche in Europa. Questo dimostra, ancora una volta, che i cittadini hanno un potere enorme quando riescono a scegliere rappresentanti capaci di agire in linea con la loro volontà. Ma in Italia? Una buona parte del popolo italiano ha protestato per anni contro le politiche sanitarie dell’OMS, senza però che questo si traducesse un'azione politica determinante, gli italiani vanno sempre di meno a votare, nonostante ci siano alternative ai partiti tradizionali.

Conclusioni

L’uscita degli Stati Uniti dall’OMS rappresenta un momento storico, ma ci costringe anche a fare i conti con il nostro ruolo sulla scena internazionale. L’Italia vuole essere un Paese capace di guidare il cambiamento, o preferisce rimanere una nazione che si muove solo quando altri tracciano la strada?

Questa vicenda ci ricorda che la sovranità non si conquista solo a parole, ma con azioni coraggiose e indipendenti. Se la Lega intende davvero uscire dall’OMS, dovrà dimostrarlo con fatti concreti, senza limitarsi a seguire ciecamente le orme americane. Ma soprattutto, è tempo che i cittadini pretendano dai loro rappresentanti una leadership autentica, capace di rispondere ai bisogni del Paese senza guardare oltreoceano in cerca di approvazione.

Rimini, 26/01/25
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Il vuoto di rappresentanza politica
Una delle cause principali della nascita dei comitati è la sensazione, sempre più diffusa, di non essere rappresentati dalle forze politiche tradizionali. I partiti, spesso percepiti come distanti o autoreferenziali, faticano a intercettare le vere esigenze dei cittadini. Questo senso di alienazione porta molti individui a cercare forme di partecipazione diretta, organizzandosi in modo autonomo per far valere la propria voce. I comitati cittadini, in questo contesto, diventano uno strumento di autodeterminazione e di protesta, un modo per colmare un vuoto che i partiti non riescono più a riempire.

I cittadini contro la pianificazione urbana orientata al profitto

Un elemento che accomuna molte delle battaglie portate avanti dai comitati è la critica verso un modello di città che sembra rispondere più a interessi economici che a quelli della comunità. Le politiche urbanistiche, spesso influenzate da grandi interessi immobiliari o industriali, tendono a privilegiare progetti che generano profitto, come nuove costruzioni o infrastrutture tecnologiche, a scapito di interventi volti a migliorare la qualità della vita dei cittadini.
I comitati denunciano il continuo aumento del cemento a discapito del verde pubblico, chiedendo una città più vivibile, con parchi, spazi di socializzazione e una riduzione dell’inquinamento atmosferico e acustico. Tra le richieste più comuni figurano l’implementazione di sistemi di trasporto pubblico capillari ed efficienti, disponibili anche durante le ore serali e nei giorni festivi, in particolare nelle periferie, spesso dimenticate dalle politiche pubbliche.
Un altro tema scottante è quello dell’inquinamento elettromagnetico. L’installazione di antenne 4G e 5G viene spesso percepita come un rischio per la salute e una scelta imposta dall’alto senza un adeguato dialogo con la popolazione. I cittadini, in questo senso, chiedono maggiore trasparenza e una valutazione più attenta degli impatti sulla salute e sull’ambiente.

Un dialogo spesso inesistente con le amministrazioni

Nonostante il loro impegno, i comitati cittadini si scontrano frequentemente con la sordità delle amministrazioni locali. Le istituzioni, più preoccupate di soddisfare vincoli di bilancio o di realizzare progetti ambiziosi (e redditizi), tendono a relegare in secondo piano le istanze popolari. Questo atteggiamento non fa che alimentare il senso di frustrazione e sfiducia nei confronti delle autorità, spingendo i cittadini a intensificare la loro mobilitazione.
Spesso i comitati lamentano la mancanza di spazi di confronto reale: assemblee pubbliche organizzate solo per ratificare decisioni già prese, consultazioni dal sapore puramente formale e nessuna volontà concreta di accogliere suggerimenti o critiche. Eppure, queste forme di organizzazione spontanea rappresentano una grande risorsa per le amministrazioni: un’opportunità per ascoltare chi vive quotidianamente il territorio e conosce meglio di chiunque altro le sue problematiche.

I comitati cittadini come risposta alla crisi della democrazia rappresentativa

Il fenomeno dei comitati cittadini può essere letto come un segnale di crisi, ma anche come una possibilità di rinnovamento. Da una parte, mette in luce la necessità di ripensare il rapporto tra politica e cittadinanza, favorendo modelli più inclusivi e partecipativi. Dall’altra, testimonia la vitalità di una società che non si arrende e che vuole essere protagonista del proprio futuro.
In un momento storico in cui la fiducia nelle istituzioni è ai minimi storici, i Comitati Cittadini rappresentano un esempio di democrazia dal basso, un modo per riappropriarsi degli spazi pubblici e delle decisioni che riguardano la collettività. Tuttavia, perché questo fermento si traduca in cambiamento reale, è necessario che le amministrazioni riconoscano il valore di queste iniziative e si impegnino a costruire un dialogo autentico con i cittadini. Solo così sarà possibile realizzare una città che risponda davvero ai bisogni di chi la vive.

Rimini, 23/01/25
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Il cittadino sovrano: un nuovo paradigma per la politica e lo Stato
La realtà che ci circonda non è un'entità oggettiva e uniforme, ma una manifestazione di ciò che siamo e delle nostre intenzioni. Ogni individuo contribuisce a creare il proprio mondo attraverso le sue idee ed azioni. Questo approccio ci invita a considerare una verità scomoda ma potente: lo Stato non è un'entità distante e monolitica, bensì il riflesso dei cittadini che lo compongono.
Per troppo tempo abbiamo scelto di delegare la responsabilità del nostro futuro a una classe politica che abbiamo poi accusato e giudicato malamente. Ma, un conto è delegare qualcuno di amministrare la cosa pubblica, altro è cedere il potere di decidere la nostra felicità e il nostro destino. Eppure è questo atteggiamento di fronte allo Stato che ha determinato il passaggio da cittadini a sudditi, e la nostra incapacità di immaginare un futuro diverso. La mentalità del “se il governo non fa questo, noi non possiamo essere liberi/felici” è un vicolo cieco che getta il cittadino nell'impotenza e nella frustrazione. Dare la colpa a qualcuno o a qualcosa per una situazione disagevole è la prima tentazione dell'uomo e significa perdere il potere stesso di cambiare la situazione. Così ci si condanna ad una forma di schiavitù perenne, in cui la libertà e la felicità sembrano sempre dipendere da decisioni prese altrove.

Un cambio di paradigma: il cittadino come Stato

Il cittadino del futuro deve rompere questo schema. Deve capire che la libertà, la felicità, la giustizia e il benessere iniziano da lui stesso. La classe politica è il riflesso dello stato di coscienza collettivo: se i cittadini cambiano anche chi li governa deve cambiare. Questa presa di coscienza è il primo passo perchè il popolo si riprenda il potere, così come recita il primo articolo della Costituzione italiana: "La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione".

Essere cittadino non significa semplicemente vivere sotto le leggi dello Stato, ma sentirsi parte dello Stato, Essere Stato. Solo i cittadini consapevoli sanno abbandonare l'individualismo e lavorare insieme agli altri per il bene comune, assumendosi la responsabilità di ciò che accade nel proprio paese. La politica non può essere lasciata nelle mani di una ristretta élite; deve tornare a essere una vocazione collettiva.

La crisi di visione della classe politica

Nell'antichità, l'azione politica era guidata dalla filosofia; oggi è subordinata agli interessi finanziari. Questo distacco dagli ideali ha reso la politica sterile, incapace di ispirare e mobilitare. Oggi, purtroppo, siamo governati da una classe politica incapace di fare il bene per i cittadini e per il futuro del nostro paese. I nostri leader operano in balia degli eventi, adattandosi alle fluttuazioni dei mercati e delle mode del momento, hanno perso il legame con ideali intramontabili ed eterni e che sono stati ben descritti nella nostra carta costituzionale: art. 1 L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro... ; art. 2 La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale; art. 3 Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Basta citare i primi 3 articoli della Costituzione italiana per rendersi conto di quanto ci siamo allontanati dallo Spirito su cui si fonda la nostra Repubblica.

Il ruolo degli ideali e la rinascita della politica

La vera forza di una nazione risiede nei suoi ideali, nei valori che ispirano i cittadini a guardare oltre i bisogni immediati. È solo abbracciando questi principi più alti che possiamo costruire un futuro duraturo e significativo. Un cittadino che si identifica con uno scopo più grande diventa lo strumento del cambiamento. È lui a poter ridare vita a uno Stato che sia capace di riprendere il controllo sui temi fondamentali per la popolazione. Per farlo, però, occorre che i cittadini si riapproprino della politica e smettano di affidare ciecamente il loro destino a una classe dirigente ormai obsoleta.

La rinascita dello Stato: la responsabilità condivisa

Il cambiamento non può avvenire senza dei cittadini consapevoli, uomini e donne capaci di trovare la forza per agire. Quando un numero sufficiente di cittadini si assume su di sé questa responsabilità, la vecchia oligarchia dovrà cedere il passo. Quando un popolo che si riappropria della capacità di agire non può essere fermato. La politica del futuro sarà fatta da cittadini consapevoli, non da burocrati. Sarà guidata da ideali, non dai mercati. Solo così potremo trasformare lo Stato in una vera comunità, capace di affrontare le sfide del domani con forza e coraggio.

Rimini, 22/01/25
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Nelle grazie di Biden
Concedere la grazia a familiari e collaboratori, dichiarati innocenti, solleva dubbi: se non hanno commesso reati, perché temere indagini? Biden ha giustificato queste decisioni affermando di voler proteggere i destinatari dalle vendette politiche del suo successore, ma la giustizia non dovrebbe valere per tutti? Secondo l'ex presidente, le persone coinvolte erano state bersaglio di “attacchi senza sosta” e rischiavano gravi danni alla loro reputazione e stabilità economica. Ma queste motivazioni, anziché rassicurare, sollevano interrogativi preoccupanti.

Se sono innocenti, perché temere la giustizia?

La grazia presidenziale è un potere straordinario, concepito per rimediare a ingiustizie conclamate o alleviare pene sproporzionate. Nel caso di queste grazie, però, non ci sono accuse formali né procedimenti giudiziari in corso. Biden stesso ha dichiarato che i destinatari non avevano commesso alcun reato. Perché allora ricorrere a uno scudo legale così ampio e preventivo?
Un sistema giudiziario sano si basa sulla trasparenza e sull'equità. Se i membri della famiglia Biden, Fauci, Milley e gli altri non hanno nulla da nascondere, avrebbero potuto affrontare eventuali indagini con la forza della loro innocenza. Invece, questo gesto sembra suggerire che la giustizia non sia abbastanza imparziale da proteggerli, un’implicazione inquietante per la democrazia americana.

Un'uscita segnata dalla sfiducia

La decisione di Biden riflette una mancanza di fiducia profonda nel suo successore, Donald Trump, e nel futuro del sistema politico americano. Biden ha più volte definito Trump una “minaccia per la misura della democrazia” e ha preso queste estreme come difesa contro le sue presunte intenzioni vendicative. Ma il risultato è una delegittimazione indiretta del sistema giudiziario e una percezione di debolezza da parte di Biden stesso.

Un messaggio sbagliato alla nazione

Concedere grazie a figure pubbliche così vicine all'amministrazione uscente rischia di alimentare il cinismo nei confronti della politica. Questo gesto rafforza l'idea che i potenti possano proteggersi con mezzi straordinari, anche quando non ci sono prove di colpevolezza. In un momento storico in cui la fiducia dei cittadini nelle istituzioni è già fragile, questa decisione rischia di erodere ulteriormente la credibilità del sistema democratico.

Conclusione

Le grazie di Biden, anziché un atto di giustizia, appaiono come una mossa dettata dalla paura e dalla mancanza di fiducia. Se il presidente uscente credeva davvero nella trasparenza e nell'equità del sistema americano, avrebbe dovuto permettere che eventuali accuse venissero valutate in tribunale. Invece, questa decisione lascia molte domande senza risposta e un'ombra sul suo operato finale, suggerendo che i potenti sono al di sopra delle regole che governano tutti gli altri.

Rimini, 21/01/25
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Una lezione di crescita personale

... Non è stata una perdita di tempo, ma un percorso di apprendimento. Mi ha permesso di osservare dinamiche importanti e di comprendere meglio me stessa e gli altri. Tuttavia, questa esperienza mi ha insegnato una verità fondamentale: lavorare bene dietro le quinte non è sufficiente, ci vuole anche il coraggio di mettersi in gioco e di prendere l’iniziativa se si vogliono raggiungere i risultati sperati.

Guardandomi indietro, non provo rimpianti. Quelle esperienze mi hanno aiutato a crescere. Ho imparato che è necessario rivendicare il proprio spazio con fiducia e che l’azione è spesso l’elemento mancante. Non è stata una mancanza degli altri a lasciarmi nell’ombra, ma piuttosto una mia scelta inconscia di rimanere al sicuro, evitando il rischio di espormi troppo.

Quando ho deciso di cambiare approccio, il processo è stato impegnativo ma estremamente gratificante. Ho scoperto che ero perfettamente in grado di assumere il ruolo di protagonista, trasformando le mie competenze in valore riconosciuto. Quelle stesse persone che avevo aiutato per anni mi avevano inconsapevolmente preparata a gestire le sfide odierne con maggiore sicurezza e determinazione. Mi sono resa conto che non era mai stato un confronto tra chi meritava di più, ma piuttosto un invito a riconoscere il mio valore.

Esporsi, rischiare, imparare a prendersi il merito per il proprio lavoro è un atto di crescita personale. Non si tratta di competizione, ma di evoluzione. Ho imparato che il riconoscimento arriva a chi si impegna e dimostra il proprio valore operando con autenticità. Ogni passo avanti ha rafforzato la mia convinzione che ognuno di noi ha dentro di sé la forza per brillare di luce propria.

Oggi vedo questa esperienza come un dono prezioso. Mi ha insegnato a non aspettare circostanze ideali o il permesso di qualcun altro per fare il primo passo. Ho scelto di trasformare le difficoltà in opportunità, e questo ha cambiato profondamente il mio modo di affrontare la vita.

Se vi trovate in una situazione simile, considerate questa una chiamata all’azione. Non è mai troppo tardi per prendere in mano la propria storia e darle la direzione che merita. Ogni esperienza, anche le più dolorose, può diventare un trampolino di lancio verso una versione migliore di noi stessi. La chiave è nel credere nel proprio valore e nel coraggio di mostrarlo al mondo.

Rimini, 20/01/25
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Da una frattura a una nuova visione verso una politica vera (parte 2)

Oggi assistiamo a una frattura tra cittadini e istituzioni. Lo Stato non viene percepito come una realtà che appartiene ai suoi cittadini, ma come un'entità distante, appesantita da una burocrazia inefficiente e dominata da una classe dirigente che sembra agire esclusivamente per tutelare i propri privilegi. Questa percezione ha generato sfiducia e conflitto: invece di essere un'alleata, l'istituzione statale viene vissuta come un ostacolo, se non addirittura come un nemico.

Questo distacco ha aperto le porte a una trasformazione della politica. Da strumento al servizio delle persone, è diventata subordinata agli interessi dell'economia e della finanza. Le multinazionali e le grandi banche, grazie al loro potere, hanno progressivamente assunto posizioni di controllo sulle istituzioni statali, influenzando decisioni e leggi in funzione dei propri obiettivi. In molti casi, la sovranità popolare è stata sacrificata in favore di mercati, tecnocrati e agenzie finanziarie internazionali.

In questo contesto, la politica è stata ridotta a una serie di procedure burocratiche gestite da tecnici privi di visione a lungo termine. La gestione della crisi economica è stata affrontata come se fosse un problema esclusivamente materiale, ignorando le esigenze profonde di rinnovamento spirituale e culturale della società. Ma senza una visione basata su passione e ideali, la politica perde il suo scopo più alto: guidare il popolo verso un futuro migliore.

La soluzione a questo scollamento sta nel restituire la politica ai cittadini. Solo quando le persone torneranno a sentirsi parte attiva dello Stato e della sua gestione, lo Stato potrà tornare a essere uno strumento al servizio del bene comune. Questo richiede un profondo cambiamento di mentalità: il cittadino deve smettere di vedersi come un soggetto passivo e assumere il ruolo di creatore del proprio destino politico.

Un tempo, gli individui erano parte dello Stato perché costretti da un sistema autoritario. Oggi, hanno raggiunto una maggiore libertà personale, ma a scapito del senso di appartenenza e responsabilità verso le istituzioni. Il futuro è nella creazione di uno Stato costruito consapevolmente dai cittadini stessi, che, con passione e determinazione, lo plasmeranno in base ai valori della comunità.

La vera politica è una via di crescita personale e collettiva. Solo recuperando questa visione possiamo costruire uno Stato realmente al servizio delle persone e immune alle pressioni esterne di interessi privati. È il momento di agire e riprendere il controllo del nostro destino politico.

Rimini, 19/01/25
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Da una frattura a una nuova visione: il mio viaggio verso una politica vera (parte 1)

Una decisione divisiva

Tutto è cominciato con la vicenda che ha coinvolto i militanti e gli attivisti della Regione Emilia-Romagna del movimento politico di cui facevo parte. La maggioranza di noi aveva espresso chiaramente il desiderio di concorrere alle elezioni regionali di novembre 2024 attraverso una lista civica, dato che il movimento politico di cui facevamo parte non era in grado di partecipare per conto proprio essendo carenti le forze sul campo. Questa lista non era altro che un'estensione naturale dei principi e dei valori del nostro movimento: un progetto inclusivo che abbracciava pienamente i punti fondamentali del programma politico che avevamo sostenuto per anni. A garanzia di ciò, come candidato alla presidenza della giunta regionale vi era una figura di grande prestigio e simbolo del nostro movimento: il fondatore stesso del movimento di cui facevamo parte, una soluzione che, a nostro avviso, rappresentava un'opportunità unica per consolidare la nostra presenza sul territorio e rafforzare la nostra identità politica.

Il blocco imposto dalla dirigenza

Purtroppo, le nostre speranze si sono infrante contro un muro. La dirigenza nazionale del movimento, composta allora da 8 persone, ha deciso di ignorare completamente la volontà della base regionale, precludendo di fatto la partecipazione alle elezioni del movimento politico di cui facevo parte che avrebbe potuto appoggiare il progetto anziché ostacolarlo, come poi ha fatto.
Questo atteggiamento ha creato una frattura insanabile all'interno del movimento. La decisione non è stata solo un errore politico, a mio avviso, ma anche una grave mancanza di rispetto nei confronti di chi ha lavorato con dedizione per portare avanti le battaglie ed i valori del movimento dal 2019 ad oggi.

La responsabilità della dirigenza

Il risultato di questa imposizione è stato devastante: gran parte dei militanti dell'Emilia-Romagna, compresi molti attivisti di lunga data, hanno scelto di lasciare il movimento, non perché abbiano rinnegato i valori o le idee, ma perché si sono sentiti traditi da chi avrebbe dovuto rappresentarli e tutelarli.
Credo sia giusto essere chiari: di questa situazione si devono assumere la responsabilità i dirigenti del movimento stesso. Quando una leadership sceglie di ignorare la base e di imporre scelte dall'alto non condivise dai più, per me, tradisce il principio fondamentale di ogni organizzazione politica: quello della rappresentanza.

Un nuovo inizio

Dalla delusione nasce però una nuova opportunità. Ho scelto di ricominciare da capo in un’altra formazione politica, una che, al contrario di quella che ho lasciato, ha saputo ascoltare e dare fiducia ai suoi militanti storici sul territorio, ha saputo mettere da parte il proprio simbolo per abbracciare il progetto di una Lista Civica che rappresentava gli stessi valori ed ha saputo portare avanti questo impegno fino in fondo.
Questa realtà politica ha rispettato la decisione democratica proveniente dalla base, rifiutando di arroccarsi in posizioni divisive che avrebbero solo frammentato ulteriormente il movimento. È una formazione che ha dimostrato di mettere al centro il dialogo, il confronto e la volontà collettiva, valori che per me rappresentano la vera essenza della politica.

Cosa ho imparato e perché vado avanti

Questa esperienza mi ha insegnato molto. Mi ha mostrato l'importanza di mettere sempre al centro il dialogo, il confronto e il rispetto per chi si impegna quotidianamente. Nonostante la delusione, continuo a credere nei valori che mi hanno spinto a intraprendere questo percorso, e so che non sono sola.
Il progetto che avevamo immaginato per le elezioni del 2024 rappresentava un'occasione di rinascita e di speranza, e sono convinta che con questa nuova formazione politica possiamo ancora costruire qualcosa di buono e di grande.

Il futuro che immagino

Ho lasciato il movimento che ho contribuito a far crescere dal nulla nella mia realtà territoriale e non solo, con un profondo senso di amarezza, ma anche con la determinazione di non arrendermi. Credo fermamente che sia possibile costruire una politica diversa da quella alla quale ci hanno abituati, più aperta al dialogo e davvero rappresentativa. È questo l'obiettivo che mi guida oggi, ed è questo il messaggio che voglio condividere con chi, come me, crede ancora che il cambiamento sia possibile anche attraverso lo strumento politico.

Se anche tu senti che è arrivato il momento di una nuova politica, basata su lealtà, coerenza e verità, unisciti a me. Insieme possiamo fare la differenza.

Rimini, 17/01/25
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Pressioni per censurare le verità scomode

Il caso Zuckerberg

Qualche giorno fa, è emersa una rivelazione scioccante da parte di Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook (ora Meta). In un’intervista, Zuckerberg ha raccontato di aver subito pesanti pressioni dall’amministrazione Biden per censurare contenuti sul suo social network che riportavano notizie sulle reazioni avverse ai vaccini COVID-19, inclusi casi gravi documentati.
Queste pressioni non riguardavano la rimozione di fake news o contenuti palesemente falsi, ma notizie vere, basate su dati e testimonianze reali. Zuckerberg ha spiegato come questa interferenza politica abbia costretto la piattaforma a limitare la circolazione di informazioni che avrebbero potuto favorire un dibattito pubblico più consapevole sui rischi e i benefici dei vaccini.
Questo episodio dimostra come le istituzioni, in nome della sicurezza sanitaria, abbiano abusato della loro autorità per controllare la narrazione pubblica, privando i cittadini del diritto di accedere a informazioni cruciali per prendere decisioni informate.
(Fonte: intervista a Mark Zuckerberg)

I dati nascosti dell'AIFA: la verità sulla trasmissibilità del virus

Un'altra notizia clamorosa riguarda i dati recentemente portati alla luce grazie a una richiesta di accesso agli atti presentata da un’associazione. I documenti dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) rivelano che il vaccino contro il COVID-19 non era mai stato testato per la non trasmissibilità del virus.
Questa informazione è particolarmente rilevante, poiché in Italia (e in molti altri Paesi) la campagna vaccinale è stata giustificata proprio con l’idea che il vaccino avrebbe impedito la trasmissione del virus, proteggendo così la collettività. Questo principio è stato alla base dell’introduzione di misure coercitive, come il Green Pass e l’obbligo vaccinale per determinate categorie di lavoratori, inclusi i medici e gli insegnanti.
La realtà, invece, è che il vaccino era stato testato principalmente per la prevenzione dei sintomi gravi del COVID-19, ma non vi erano dati solidi sull’efficacia nel bloccare la trasmissione. Questo significa che le basi scientifiche su cui sono state imposte misure straordinarie (e spesso discriminatorie) erano quanto meno incomplete, se non addirittura fuorvianti.

Nello specifico: "Nel rispondere all'associazione Arbitrium PSG, Aifa ammette ciò che era già emerso dalle case farmaceutiche e da Ema: «Nessun vaccino Covid-19 previene la trasmissione del Sars cov-2». Il decreto che obbligava al vaccino i sanitari si basava su assunti falsi e così anche l'imposizione del Green pass. E lo Stato lo sapeva." (Fonte: La Nuova BQ – Dati emersi su richiesta di accesso agli atti)

Una campagna vaccinale basata su mezze verità e coercizione

Durante la pandemia, la narrativa dominante ha spesso bollato come "no-vax" chiunque esprimesse dubbi o chiedesse maggiore cautela su questi farmaci detti vaccini. Questo ha contribuito a creare una polarizzazione estrema, in cui le voci critiche sono state silenziate, le piattaforme social hanno censurato contenuti, e i media mainstream hanno ridotto il dibattito a una questione di "progresso contro oscurantismo", "scienza contro medievalismo".
Tuttavia, episodi come quelli riportati sopra dimostrano che molti di questi dubbi erano legittimi, a maggior ragione quando molti degli appelli alla prudenza provenivano da medici, ricercatori e scienziati. Le istituzioni mediche e politiche hanno spesso semplificato eccessivamente la comunicazione, oscurando dettagli cruciali sui limiti e sui rischi di quei farmaci detti vaccini, che venivano presentati alla popolazione come efficaci e sicuri.
Questo ha avuto conseguenze gravi:
  • Reazioni avverse non riconosciute: Molti cittadini che hanno subito effetti collaterali gravi si sono sentiti abbandonati dalle istituzioni, che hanno spesso minimizzato o ignorato il problema dando vita a Comitati di cittadini che cercano di tutelarsi a vicenda e di aiutarsi attraverso il passaparola ed il racconto della propria esperienza su come superare il trauma una malattia invalidante o di un lutto dovuto agli effetti avversi da vaccino.
  • Sfiducia nelle autorità: L'occultamento di informazioni ha contribuito ad alimentare una crescente sfiducia nei confronti delle autorità sanitarie e politiche, con un impatto negativo sulla coesione sociale.
  • Polarizzazione del dibattito pubblico: La censura delle voci critiche ha impedito un dibattito aperto e trasparente, privando la società della possibilità di affrontare in modo equilibrato una questione complessa e del diritto di esprimere le proprie opinioni in merito.

La lezione che dobbiamo imparare

Le misure messe in atto dai governi del mondo durante la cosiddetta "pandemia di COVID-19" hanno messo in luce non solo le fragilità dei sistemi sanitari, ma anche i limiti delle nostre istituzioni democratiche. La gestione delle informazioni durante l’emergenza sanitaria, provocata dalla carenza di posti letto e di personale sanitario più che dalla malattia in sé, ha mostrato come, in nome della sicurezza, si possa facilmente scivolare verso la censura e la manipolazione della narrazione pubblica.

Come cittadini, è nostro diritto – e nostro dovere – pretendere trasparenza e responsabilità da parte delle istituzioni. Non possiamo permettere che l’emergenza diventi un alibi per sopprimere il dibattito, negare la verità e sacrificare i diritti fondamentali di ogni individuo.

La sicurezza non può mai essere ottenuta a scapito della libertà e della trasparenza.

I cittadini meritano di essere trattati come adulti responsabili, in grado di valutare rischi e benefici sulla base di informazioni complete e non filtrate o manipolate.

Rimini, 15/01/25
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Facciamo l'esempio della mia città: RIMINI
Un consigliere di minoranza, anche se unico eletto del suo partito, ha un ruolo delicato ma fondamentale: rappresenta le istanze dei suoi elettori all'interno del consiglio comunale. Sebbene i suoi poteri siano limitati rispetto alla maggioranza, può comunque influire significativamente soprattutto sulle dinamiche politiche locali se utilizza le sue prerogative con competenza e strategia.

Poteri di un Consigliere di Minoranza a Rimini
1. Proposte di Delibere e Mozioni
  • Può presentare mozioni, interpellanze, e ordini del giorno per portare i temi del programma all’attenzione del consiglio.
  • Le mozioni possono spingere la giunta a esprimersi su tematiche specifiche, anche se non vincolano necessariamente la maggioranza.
2. Interrogazioni e Interpellanze
  • Può presentare interrogazioni scritte o orali per richiedere chiarimenti o informazioni alla giunta, spingendo l’amministrazione a rispondere pubblicamente su questioni specifiche.
3. Partecipazione alle Commissioni Consiliari
  • Ha diritto di partecipare alle commissioni competenti, dove si esaminano in dettaglio i progetti di delibera, e di proporre emendamenti o di sollevare questioni.
4. Proposte Emendative
  • Può proporre emendamenti ai progetti di delibera della giunta, cercando di influire sulla stesura finale.
5. Controllo e Trasparenza
  • Ha il compito di vigilare sull’operato della giunta e della maggioranza, segnalando eventuali criticità o inefficienze.
6. Coinvolgimento dei Cittadini
  • Può utilizzare il proprio mandato per coinvolgere la cittadinanza, organizzando incontri pubblici o campagne di sensibilizzazione su temi specifici del programma.
Strategie per Promuovere il Programma del Partito
1. Temi Locali e Azioni Immediate
  • Denaro contante e bancomat nei piccoli centri: Proporre mozioni che tutelino l’accesso ai servizi bancari nei quartieri periferici o nelle frazioni.
  • Stop “Città 30”: Presentare interrogazioni e interpellanze per monitorare i progetti di mobilità e sollecitare alternative, puntando sulla tutela della mobilità privata e dei cittadini.
2. Sostenibilità e Territorio
  • Tutela agricola: Proporre delibere che regolino meglio la concessione di terreni agricoli per installazioni di pannelli solari e fare iniziative che valorizzino l'agricoltura e la biodiversità locale.
  • Manutenzione idrogeologica: Chiedere fondi per progetti di manutenzione degli alvei dei fiumi e monitorare il bilancio del comune per verificare investimenti insufficienti.
3. Sicurezza e Degrado
  • Contrasto al degrado: Avanzare mozioni che chiedano interventi nelle zone più critiche della città, magari con il supporto di associazioni locali.
4. Libertà e Diritti
  • No agenda 2030 e simboli UE: Presentare mozioni simboliche per rimuovere simboli UE o monitorare progetti ispirati all’Agenda 2030 a livello comunale, sensibilizzando i cittadini sul tema.
5. Sanità e Sociale
  • Potenziamento sanitario: Chiedere più trasparenza sui fondi destinati ai pronto soccorso e proporre un piano per aumentare il personale medico e paramedico a livello locale.
6. Cultura e Identità
  • Valorizzazione della tradizione locale: Promuovere progetti culturali che incentivino lo studio dei dialetti e delle tradizioni locali.
7. Coinvolgimento Popolare
  • Organizzare incontri pubblici e forum cittadini su temi chiave, come la mobilità, la sicurezza, la sanità, l'educazione e la tutela del territorio.
  • Utilizzare i social media per informare i cittadini sulle attività consiliari e raccogliere segnalazioni.
Collaborazioni e Networking
  • Alleati strategici: Collaborare con altri consiglieri di minoranza su temi condivisi per rafforzare la voce comune.
  • Associazioni locali: Coinvolgere gruppi locali che condividono i punti del programma, creando una rete di supporto esterna.
Comunicazione Pubblica
Il consigliere deve essere attivo nella comunicazione attraverso i media locali, i social network e incontri pubblici, utilizzando il suo ruolo istituzionale per attirare l’attenzione della cittadinanza sui punti critici della città.

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Come potete leggere, anche come unico eletto, un consigliere di minoranza può fare molto per influire sul dibattito pubblico e portare avanti battaglie politiche significative.
Quindi, la prossima volta che vi chiamerò al gazebo in Piazza Tre Martiri ad ascoltare o a firmare per le nostre idee (che sono anche le vostre), tenete presente cosa può fare qualcuno ben motivato a fare il bene della e per la nostra comunità. La politica non è né buona né cattiva, è solo uno strumento attraverso il quale si può migliorare la vita dei cittadini, sono le PERSONE che fanno politica a farla diventare una BUONA politica che cura gli interessi della collettività oppure una politica mediocre o pessima, e VOI potete scegliere LE PERSONE con il vostro voto di preferenza!

Questo era il programma per le Regionali della Lista Civica alla quale insieme ad altri cittadini volenterosi abbiamo dato vita: LEALTA' COERENZA VERITA' e continueremo a portarlo avanti anche se non siamo stati eletti, ma con il vostro aiuto potremmo fare molto di più, rifletteteci per le prossime elezioni comunali, regionali o nazionali!

Rimini, 10/01/25
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Ho smesso di spiegarmi


Perché spiegare a tutti è un errore

Quando qualcuno ti ha già etichettato come il "cattivo" nella propria storia, ogni tuo tentativo di chiarire viene visto come una conferma delle loro convinzioni. Più ti sforzi, più alimenti il loro potere su di te. Continuare a spiegarti diventa solo un modo per esaurirti, perché non stai dialogando con persone interessate alla verità, ma con chi ha già deciso di ignorarla.

Ecco perché ho scelto di lasciare che gli altri credano ciò che vogliono

  • Se vogliono pensare che sia colpa mia, va bene.
  • Se vogliono restare ancorati alla loro versione dei fatti, che lo facciano.
Non cercherò più di difendermi o di giustificarmi. Perché? Perché ho capito che la pace non si trova nel tentativo di convincere chi non vuole ascoltare.

Una scelta di pace

Quindi da oggi ho deciso di smettere di spiegarmi ed ho subito iniziato a recuperare energia. Ho rotto il circolo vizioso delle giustificazioni e dei dibattiti inutili. Ho scelto di concentrarmi su relazioni dove non devo lottare per essere ascoltata.
  • Se il mio silenzio metterà a disagio qualcuno, non è un mio problema.
  • Se il mio rifiuto di spiegarmi viene visto come assenso o sconfitta, non è un mio problema.
Non sono più interessata a vincere battaglie che non ho mai scelto di combattere.

Una nuova prospettiva

Meritiamo relazioni basate su gentilezza, rispetto ed empatia, non sull'obbligo di difendere continuamente la nostra posizione. Per questo ho deciso di dire basta:
  • Basta implorare di essere capita.
  • Basta chiedere gentilezza come se fosse un favore.
  • Basta sottoporsi al giudizio di chi non è mai stato imparziale.

Conclusioni: L'Unica Spiegazione Necessaria

Alla fine, l'unica persona a cui devo delle spiegazioni sono io stessa. Scelgo la pace al posto del rumore. Scelgo di andare avanti, senza il peso di cercare di essere capita da chi ha deciso di non farlo e che preferisce infangare il lavoro degli altri anziché concentrarsi su sé stesso.

Vale davvero la pena continuare?
Non ho bisogno di spiegarmi. E nemmeno tu.
Smetti di spiegarti. Scegli la libertà.

Rimini, 01/01/25
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Sicurezza, a quale prezzo?

In un contesto di crescente attenzione alla sicurezza pubblica, il governo italiano ha introdotto una serie di normative che ridefiniscono il rapporto tra cittadini, forze dell'ordine e sistema giudiziario. Dal cosiddetto scudo penale per i medici vaccinatori, le nuove misure del Codice della Strada che inaspriscono le pene per comportamenti pericolosi alla guida, alle proposte di immunità penale per le forze dell'ordine, emerge una tendenza: garantire la sicurezza ma a volte a scapito di libertà personali, trasparenza e proporzionalità.

Lo scudo penale per i medici vaccinatori: una tutela necessaria o un'arma a doppio taglio?

Durante la cosiddetta pandemia di COVID-19, una delle misure più discusse è stata l'introduzione dello scudo penale per medici e infermieri vaccinatori, sancito dal Decreto Legge 44 del 2021. Questa norma esclude la punibilità degli operatori sanitari per conseguenze legate alla somministrazione del vaccino, purché abbiano agitato nel rispetto delle indicazioni ufficiali delle autorità sanitarie.
Secondo il presidente della Fnomceo, questa misura è stata fondamentale per rassicurare i professionisti e garantire il successo della campagna vaccinale, che ha visto la somministrazione di oltre 132 milioni di dosi. Tuttavia, la norma ha sollevato preoccupazioni etiche e giuridiche, in quanto ha deresponsabilizzato parzialmente il sistema sanitario e istituzionale, generando sfiducia in una parte della popolazione, soprattutto nei casi in cui si sono verificati effetti collaterali gravi, come i 22 decessi correlabili ai vaccini segnalati dall'AIFA.
(Fonte: Fnomceo – Scudo penale per i vaccinatori)

Il nuovo Codice della Strada: tolleranza zero alla guida

Tra le recenti modifiche legislative, spiccano quelle introdotte dal nuovo Codice della Strada, che mira a contrastare comportamenti pericolosi alla guida e a ridurre il numero di incidenti stradali. Le nuove regole prevedono un significativo inasprimento delle sanzioni per alcune infrazioni, in particolare quelle legate a guida in stato di ebrezza o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, così come per l'uso del cellulare al volante.
Le principali novità:

1 Tasso alcolemico e droga alla guida:
  • Per chi viene sorpreso alla guida con un tasso alcolemico superiore a 0,5 g/l, le sanzioni sono state rese molto più severe, con multe salate, ritiro immediato della patente e, in caso di recidiva, revoca permanente della patente.
  • Introduzione del monitoraggio etilico continuo: chi commette violazioni gravi dovrà installare sulla propria auto un dispositivo alcol-lock, che impedisce l'accensione del veicolo se viene rilevato alito alcolico superiore ai limiti.
2 Uso del cellulare alla guida:
  • L'utilizzo di smartphone o altri dispositivi elettronici mentre si guida comporta ora multe che possono superare i 1.000 euro in caso di recidiva, oltre alla sospensione della patente fino a 3 mesi.
  • Anche in caso di prima infrazione, la decurtazione dei punti dalla patente è passata da 5 a8 punti.
3 Pene più grave per neopatentati:
  • Per i neopatentati, le tolleranze sono state ulteriormente abbassate: zero alcol consentito alla guida per i primi 3 anni dal conseguimento della patente, e pene doppie per chi infrange le regole rispetto ai conducenti esperti.
4 Revisione della patente e educazione stradale obbligatoria:
  • Chi commette violazioni gravi, come guida in stato di ebbrezza o sotto effetto di droga, sarà obbligato a frequentare corsi di educazione stradale prima di poter riottenere la patente.
(Fonte: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti)

Sicurezza stradale o repressione?

Le modifiche al Codice della Strada sono state accolte positivamente da una parte dell'opinione pubblica, che ritiene che le nuove norme possano finalmente rappresentare un deterrente efficace contro comportamenti irresponsabili. Tuttavia, non mancano critiche, soprattutto in relazione alla proporzionalità delle pene. Ad esempio, molti sottolineano che le nuove sanzioni colpiscono duramente anche infrazioni di lieve entità, come il semplice utilizzo del cellulare per pochi secondi. In alcuni casi, si rischia di compromettere la mobilità delle persone senza offrire soluzioni alternative, come potenziare il trasporto pubblico anche in orari notturni o nei festivi, educare i cittadini a un uso più responsabile della tecnologia alla guida, introdurre già nelle scuole elementari esercizi pratici di sicurezza stradale con percorsi dedicati e consapevolizzazione dei giovani sui pericoli della guida distratta, in stato di ebrezza o sotto effetti di stupefacenti a cura della polizia stradale o locale, ecc.

Le connessioni con il tema della libertà e della sicurezza

Il nuovo Codice della Strada si inserisce in un quadro normativo più ampio, in cui il governo sembra voler privilegiare un approccio repressivo per garantire la sicurezza. Se da un lato è comprensibile che si vogliano ridurre i rischi sulle strade, dall'altro occorre chiedersi se l'inasprimento delle pene, senza un adeguato investimento in prevenzione e sensibilizzazione, possa portare un vero cambiamento culturale.
Allo stesso modo, lo scudo penale per medici e forze dell'ordine e le normative sempre più stringenti in altri settori sollevano interrogativi sul rischio di normalizzare un modello di società in cui la sicurezza è ottenuta a discapito della libertà individuale, della trasparenza e della proporzionalità delle sanzioni.

La proposta di legge per lo scudo penale delle forze dell'ordine

L'ultima proposta, al vaglio del Senato come parte del disegno di legge Sicurezza, prevede che tutti i reati legati all'uso della forza fisica da parte degli agenti siano sottoposti a un diverso iter investigativo. La decisione di avviare le indagini sarebbe presa a discrezione del Ministero dell'Interno e non più dalle procure locali, trasferendo la competenza alle Corti d'Appello.
Questo provvedimento è giustificato da episodi recenti, come le manifestazioni per la morte di Ramy Elgaml, il 19enne egiziano deceduto durante un inseguimento a Milano, e le violenze contro le forze dell'ordine durante la protesta a Bologna, dove alcuni poliziotti hanno riportato ferite gravi. Uno degli agenti in servizio ha dichiarato: “Non ho mai avuto così paura. Abbiamo visto i nostri colleghi feriti con spalle lussate, denti rotti e traumi uditivi. Vogliono il morto. Se il governo non fa qualcosa, ci uccideranno” .
Tuttavia, mentre il provvedimento mira a rassicurare le forze dell'ordine, la norma rischia di compromettere la trasparenza e l'equilibrio del sistema giudiziario. Il trasferimento della competenza alle Corti d'Appello potrebbe infatti portare a una gestione meno imparziale dei casi, aumentando il rischio di impunità per eventuali abusi.
(Fonte: Open - Scudo penale per forze dell'ordine)

Conclusioni: la necessità di un equilibrio tra sicurezza e giustizia

Lo scudo penale per i poliziotti, come quello già introdotto per i medici vaccinatori durante la cosiddetta pandemia, rappresenta un'ulteriore manifestazione di una tendenza più ampia: in nome della sicurezza e della rapidità d'intervento, si rischia di comprimere i diritti fondamentali dei cittadini e di minare il principio dell'uguaglianza davanti alla legge.
La sicurezza è un obiettivo legittimo, ma non deve mai diventare una scusa per eludere il controllo democratico sulle istituzioni e sull'uso della forza. Una società davvero sicura è una società che protegge i suoi cittadini senza compromettere la trasparenza, la responsabilità e il rispetto dei diritti umani.
Se queste misure dovessero essere approvate, sarà fondamentale monitorarne l'applicazione, per garantire che non si trasformino in strumenti di abuso di potere o di repressione indiscriminata. È in gioco non solo la sicurezza, ma anche la tenuta dello Stato di diritto e della democrazia stessa.

Rimini, 14/01/25
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La censura
Parte 2
Lamentele contro la censura istituzionale

Da un lato, è facile individuare i meccanismi di censura istituzionale o sistemica. Governi che limitano l'accesso a certi siti web, piattaforme che rimuovono contenuti ritenuti contro le loro linee guida, algoritmi che oscurano opinioni non allineate al pensiero dominante: tutto questo suscita comprensibilmente reazioni indignate. La narrazione comune è quella di un potere forte che mette a tacere voci scomode, e molte persone si sentono vittime di un sistema che cerca di controllare il flusso di informazioni.

La censura "dal basso": il comportamento degli utenti

Tuttavia, c'è un fenomeno parallelo che merita di essere esplorato. Su ogni piattaforma social, gli utenti stessi esercitano una forma di censura nei confronti degli altri utenti. Quante volte abbiamo visto persone bloccare, silenziare o segnalare chi lascia commenti ritenuti scomodi, irritanti o semplicemente contrari alle proprie convinzioni? In molti casi, non si tratta di affrontare contenuti oggettivamente offensivi o pericolosi, ma di eliminare dal proprio feed voci che sfidano la nostra visione del mondo o che ci causano disagio emotivo.

L'ipocrisia della doppia censura

Questo comportamento solleva una domanda: non è ipocrita lamentarsi della censura istituzionale quando si è pronti a ricorrere alla censura personale con estrema facilità? Quando un utente blocca un altro perché non gradisce un'opinione espressa, non sta forse replicando lo stesso meccanismo che critica nei governi e nelle piattaforme?
Questa ipocrisia è diffusa e spesso invisibile a chi la pratica. La censura è percepita come negativa solo quando è subita, ma diventa accettabile (e persino giustificata) quando è esercitata per proteggere il proprio spazio personale o per difendere le proprie credenze.

La fragilità del dibattito pubblico

Questa tendenza contribuisce a indebolire ulteriormente il già fragile dibattito pubblico online. Se da un lato le piattaforme limitano la visibilità di certi contenuti attraverso i loro algoritmi, dall'altro gli utenti isolano progressivamente le opinioni diverse dalle loro, creando camere d'eco dove le stesse idee vengono ripetute senza contraddittorio. Il risultato è un dibattito polarizzato, dove il confronto è sempre meno possibile e dove le opinioni divergenti vengono percepite come minacce personali piuttosto che come opportunità di crescita.

Riflessioni finali

È essenziale riconoscere che la censura non è un fenomeno esclusivo delle istituzioni. Noi stessi, con i nostri comportamenti quotidiani sui social, contribuiamo a modellare il panorama del dibattito pubblico. Forse è il momento di guardare dentro di noi e chiederci: siamo davvero disposti ad accettare il pluralismo delle opinioni, anche quando ci sfidano o ci irritano? Oppure, come le stesse istituzioni che critichiamo, preferiamo chiudere la porta e silenziare ciò che non ci piace?
La libertà di espressione non è un valore che si difende solo nei confronti del potere forte. È un principio che richiede coerenza e impegno anche nella vita quotidiana, nelle nostre interazioni digitali e nel modo in cui affrontiamo il confronto con gli altri. Solo riconoscendo questa complessità possiamo sperare di costruire uno spazio pubblico veramente libero e inclusivo.
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La censura
Parte 1
La censura mascherata da tutela della verità

Un argomento frequentemente utilizzato per giustificare la censura è la necessità di combattere la disinformazione e proteggere i cittadini da contenuti ritenuti "nocivi" o "fuorvianti". Questo approccio, seppur apparentemente nobile, presenta pericolosi risvolti autoritari. Chi stabilisce cosa sia vero o falso? Chi decide quali contenuti siano accettabili? Queste domande restano spesso senza risposte trasparenti, lasciando spazio a interpretazioni arbitrarie da parte di governi, istituzioni e piattaforme digitali sotto il loro controllo.

Il caso delle piattaforme digitali

L’Unione Europea ha recentemente introdotto regolamentazioni come il Digital Services Act, che impongono alle piattaforme online di monitorare e rimuovere contenuti considerati illeciti o dannosi. Sebbene l'obiettivo dichiarato sia quello di creare uno spazio digitale più sicuro, queste normative rischiano di trasformarsi in strumenti di controllo su larga scala. Le piattaforme, temendo sanzioni, tendono a rimuovere contenuti anche solo potenzialmente controversi, soffocando il dibattito pubblico e penalizzando la libera circolazione delle idee.

La situazione italiana

In Italia, il panorama non è meno desolante. Episodi di censura preventiva si moltiplicano, sia nei media tradizionali che online. Contenuti che mettono in discussione decisioni politiche, linee guida sanitarie o strategie economiche vengono etichettati come "pericolosi" e spesso rimossi o declassati. Questa tendenza non solo limita la libertà individuale, ma impoverisce anche il discorso pubblico, rendendo più difficile per i cittadini formarsi un'opinione critica e informata.

Le conseguenze del silenzio imposto

La censura non è mai neutrale. Sopprimere il dissenso significa minare la capacità della società di evolversi attraverso il confronto e la diversità di opinioni. Le grandi conquiste sociali e politiche del passato sono spesso nate proprio da voci controcorrente che, pur essendo inizialmente osteggiate, hanno aperto nuove prospettive e promosso il progresso.

La necessità di una resistenza culturale

È fondamentale che i cittadini europei e italiani prendano coscienza di quanto sia pericolosa questa deriva. La difesa della libertà di espressione richiede un impegno collettivo: dobbiamo pretendere maggiore trasparenza nelle decisioni politiche, salvaguardare il pluralismo nei media e garantire che le piattaforme digitali non diventino strumenti di censura delegata.

Conclusione

La libertà di espressione non è un privilegio, ma un diritto fondamentale che deve essere difeso con fermezza. In un’epoca in cui la censura si presenta sotto nuove forme, è nostro dovere vigilare e resistere. Solo attraverso un dibattito aperto e inclusivo possiamo costruire una società veramente democratica, in cui ogni voce, anche quella più scomoda, possa essere ascoltata e rispettata.
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La Rana Bollita
Come funziona questa metafora?
Immagina una pentola piena d'acqua fredda. Dentro, una rana nuota tranquillamente. Sotto la pentola viene acceso un fuoco, e l'acqua inizia a scaldarsi lentamente. Inizialmente, il cambiamento è quasi impercettibile, e la rana continua a muoversi senza preoccupazione. Col tempo, però, la temperatura aumenta. Quando l'acqua diventa troppo calda, la rana è già troppo debole per reagire e finisce per morire.
Ora, immagina lo stesso scenario, ma con la rana immersa direttamente in acqua molto calda: questa, sentendo il pericolo immediato, salterebbe fuori istintivamente, evitando il peggio.

Il Significato Profondo
Questa metafora non invita certo a replicare l’esperimento, ma vuole evidenziare un principio universale: l’adattamento non sempre è una virtù, soprattutto quando porta a ignorare segnali di pericolo. L'accettazione graduale di situazioni dannose può condurre a uno stato di immobilità, fino al punto di non ritorno.
Pensaci: quante volte, di fronte a un problema, preferiamo rimanere in una "zona di comfort" piuttosto che affrontare il cambiamento? Che si tratti di un lavoro insoddisfacente, una relazione tossica o una situazione sociale oppressiva, la paura di cambiare può essere più forte del disagio che proviamo restando fermi.

L’Illusione del Compromesso
Adeguarsi può sembrare la via più semplice, ma col tempo si accumulano piccole sofferenze e frustrazioni, spesso ignorate fino a quando diventano insopportabili. È un processo lento, ma devastante: accettare il male minore ogni giorno può portare, alla lunga, a una vita insoddisfacente, fatta di rimpianti e infelicità.

Un Invito ad Agire
Questa metafora ci spinge a riflettere sul valore del cambiamento. Quando riconosciamo che qualcosa non funziona, dobbiamo avere il coraggio di "saltare fuori dalla pentola", anche se ciò significa affrontare l'incertezza. Non è facile, ma è l'unico modo per impedire che situazioni negative diventino irreversibili.
Quindi, la prossima volta che ti trovi in una situazione che non ti soddisfa, chiediti: voglio davvero aspettare che tutto diventi insopportabile, o sono pronto a fare un salto per cambiare la mia vita?
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L'importanza del voto
Il voto come espressione della sovranità popolare
In una democrazia, il popolo è sovrano, e il voto rappresenta il principale mezzo attraverso cui i cittadini esercitano questa sovranità. Ogni governo legittimo deriva la sua autorità proprio dalla volontà popolare espressa attraverso le elezioni. Non votare significa rinunciare a questa sovranità, lasciando che siano altri a decidere il futuro per conto tuo. Se non partecipi, accetti passivamente le decisioni altrui.

Il voto influenza le decisioni politiche
I governi ed i parlamenti eletti determinano le politiche che regolano ogni aspetto della vita quotidiana: dall'economia alla sanità, dall'istruzione ai diritti civili. Quando voti, scegli chi prenderà queste decisioni cruciali. Un'affluenza elettorale alta garantisce che le politiche adottate siano rappresentative di una parte più ampia della popolazione, mentre l'astensionismo favorisce la concentrazione del potere nelle mani di pochi. Votare permette di sostenere chi rappresenta i tuoi valori e le tue priorità.

Il cambiamento nasce dalla partecipazione
Il voto è un catalizzatore del cambiamento. Le grandi trasformazioni sociali e politiche sono spesso il risultato di elezioni in cui i cittadini hanno deciso di mobilitarsi per sostenere una visione alternativa. Al contrario, il disinteresse e l'astensionismo rafforzano lo status quo, lasciando che le cose restino immutate. Ogni cambiamento sociale comincia con una scelta, che è quella scelta avviene nel seggio elettorale.

Il voto dà voce alle minoranze
In molti contesti, le minoranze rischiano di essere sottorappresentate se non partecipano attivamente alle elezioni. Ogni singolo voto contribuisce a costruire una rappresentanza più equa e inclusiva, in grado di difendere i diritti e le esigenze di tutti, non solo della parte privilegiata e votante della popolazione. Quando voti, dai voce non solo a te stesso, ma anche a chi spesso non viene ascoltato.

Il voto è un atto di responsabilità civica
La democrazia non è un sistema perfetto, ma funziona solo se i cittadini partecipano attivamente. Votare è un dovere civico che non riguarda solo il presente, ma anche il futuro delle generazioni successive. Astenersi significa sottrarsi a questa responsabilità, lasciando incompiuto il ruolo fondamentale di cittadino. La democrazia è una responsabilità collettiva: ognuno deve fare la propria parte.

In conclusione
Andare a votare è molto più che un atto simbolico: è un gesto concreto che può cambiare la direzione politica di un Paese. Ogni voto conta, e il cambiamento inizia quando i cittadini decidono di farsi sentire. Per costruire una società più giusta, rappresentativa e prospera, è necessario partecipare. Non lasciare che altri decidano per te. Vai sempre a votare!
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Un futuro senza radici
Radici e Identità: Un Legame Vitale

Conoscere le proprie origini non significa vivere nel passato, ma comprendere il presente per aprirsi a un futuro ricco di significato. Le radici culturali, storiche e sociali rappresentano le fondamenta della nostra identità e ci permettono di apprezzare la diversità che incontriamo nel mondo. Quando queste radici vengono ignorate o rimosse, perdiamo la capacità di vedere l’altro nella sua unicità, riducendo la pluralità umana a una monotonia sterile.

Viviamo in un sistema globale che, sotto la spinta della tecno-finanza, sembra preferire l’uniformità alla diversità. La globalizzazione, anziché arricchire il panorama culturale, ha spesso imposto modelli di pensiero e stili di vita standardizzati, privandoci della libertà di esprimere ciò che siamo davvero. È come se fossimo tutti trascinati verso una piattaforma unica, dove ogni sfumatura viene livellata e resa indistinguibile.

La Minaccia dell’Omologazione e del Pensiero Unico

L’omologazione non è solo un fenomeno economico o culturale: è anche una minaccia per la libertà di pensiero e di espressione. Il politicamente corretto, nato come strumento per promuovere il rispetto e l’inclusione, rischia oggi di trasformarsi in una “livella” culturale, come la definirebbe Totò, capace di annullare ogni voce fuori dal coro. Quando il dissenso viene percepito come pericoloso o inaccettabile, si crea un clima di silenzio forzato che soffoca il pensiero critico.

La normalizzazione delle idee non è solo una questione di uniformità; è la morte della creatività, del dialogo e dell’evoluzione culturale. Un pensiero che non sfida se stesso, che non si confronta con prospettive diverse, diventa sterile. In questo contesto, la diversità non è solo un valore da difendere, ma un elemento imprescindibile per il progresso e la crescita.

Alzare la Voce per un Futuro Autentico

Di fronte a questi rischi, il nostro compito è chiaro: dobbiamo pensare, riflettere e alzare la voce. Non possiamo limitarci ad adattarci passivamente a un sistema che appiattisce ogni differenza. È il momento di riscoprire le nostre radici, le nostre tradizioni, non per rimanere ancorati al passato, ma per usarle come trampolino di lancio verso un futuro più consapevole e autentico.

Riconoscere la propria identità è il primo passo per comprendere quella degli altri. Solo accettando prima noi stessi e poi la complessità e la pluralità del mondo possiamo costruire una società capace di evolversi, una società che valorizza le differenze e le trasforma in opportunità. La diversità non è un ostacolo, ma una risorsa preziosa: è ciò che ci permette di immaginare un domani creativo, ricco di sfumature e possibilità.

Conclusione

Un futuro senza radici è un futuro senza forma, identità e significato. Per evitarlo, dobbiamo riscoprire chi siamo e far sentire la nostra voce. La libertà di pensiero e di espressione non è solo un diritto: è il fondamento di una società viva e dinamica. Solo coltivando il coraggio di essere diversi, di pensare in modo critico e di esprimere ciò che siamo, possiamo sperare in un futuro che sia un viaggio verso una realtà più complessa, armoniosa e bella.
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Educhiamo al coraggio
In questo scenario, la sfida più grande che i genitori si trovano ad affrontare è quella di educare figli capaci non solo di vivere in una società sempre più omologata, ma di cambiarla. Il punto di partenza è chiaro: non possiamo limitare l’educazione al semplice insegnamento dell’adattamento. Adattarsi, inteso come accettare passivamente ciò che la società propone o impone, può sembrare una scelta pratica e sicura, ma è anche quella che rende i nostri figli vulnerabili agli ingranaggi di un sistema che raramente mette al centro l’individuo e i suoi valori.

Valori come Baluardi contro l’Omologazione

L’educazione deve diventare il terreno fertile in cui i valori interiori possono germogliare e radicarsi. Valori come il senso critico, il rispetto per sé stessi e gli altri, il coraggio di seguire una strada diversa da quella più battuta sono armi potenti contro la tendenza a conformarsi.
Dare ai figli valori solidi non significa riempirli di idee preconfezionate, ma piuttosto aiutarli a costruire una bussola interiore che permetta loro di orientarsi, anche nelle situazioni più complesse. Questi valori sono gli strumenti con cui potranno affrontare il mondo, non per adattarsi ad esso, ma per cambiarlo dove necessario.

Globalizzazione del Pensiero: Un Pericolo Silenzioso

Uno degli aspetti più inquietanti della globalizzazione è il suo impatto sul pensiero individuale. Siamo costantemente esposti a messaggi che ci suggeriscono cosa desiderare, come comportarci, cosa ritenere importante. Questo fenomeno, apparentemente innocuo, ha un effetto profondo: spinge le persone verso un pensiero uniforme, eliminando la diversità culturale, intellettuale e morale che da sempre rappresenta la vera ricchezza dell’umanità.
Quando insegniamo ai nostri figli a "fare compromessi" o a "sapersi adattare", rischiamo di prepararli non alla resilienza, ma alla sottomissione. Rischiamo di renderli ingranaggi di un sistema che non si cura del loro potenziale, ma solo della loro capacità di funzionare secondo regole prestabilite.

Resistere e Ricostruire

Per contrastare questo “diabolico progetto della globalizzazione dei cervelli,” dobbiamo incoraggiare una visione diversa dell’educazione. Crescere figli che abbiano la forza di resistere all’omologazione significa dare loro strumenti per pensare in modo critico, stimolare la loro creatività e insegnare loro a riconoscere e rispettare l’unicità degli altri.
Insegnare a un bambino che può cambiare il mondo è un atto rivoluzionario. Significa dire che i valori contano, che le idee contano, che le azioni individuali possono fare la differenza. Significa dare speranza e responsabilità a una nuova generazione, preparando il terreno per un futuro in cui le differenze non siano annullate, ma celebrate.

Un Appello ai Genitori

Come genitori, educatori e cittadini, abbiamo il dovere di guardare oltre l’immediato. Non limitiamoci a preparare i nostri figli a vivere nel mondo che trovano; aiutiamoli a immaginare e costruire un mondo migliore. Un mondo in cui la diversità è una risorsa, in cui i valori umani prevalgono su quelli materiali, e in cui ogni individuo è libero di essere sé stesso.
La globalizzazione non deve diventare una condanna all’uniformità. Con coraggio e determinazione, possiamo educare una generazione capace di resistere e ricostruire. Perché, come dice un vecchio adagio, “Non ereditiamo la terra dai nostri antenati, la prendiamo in prestito dai nostri figli.” Sta a noi, dunque, restituirla loro piena di possibilità.
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Istinto vs Ragione
La prima impressione e il valore dell’istinto

Quante volte abbiamo sentito dire che "la prima impressione è quella che conta"? E quante volte, pur percependo qualcosa di stonato, abbiamo scelto di ignorare il nostro istinto, preferendo dare alle persone il beneficio del dubbio? Spesso l’istinto è una bussola interiore, un insieme di segnali sottili che ci avvertono su chi abbiamo di fronte. Tuttavia, per desiderio di essere giusti o per una genuina fiducia nell’altro, tendiamo a dare una seconda possibilità a chiunque, convinti che il tempo ci darà ragione.

Ma cosa succede quando ci accorgiamo che quel primo avvertimento era corretto? Quando realizziamo che, fin dall’inizio, sapevamo che qualcosa non andava? La disillusione non riguarda solo l’altra persona, ma anche noi stessi, per aver ignorato la voce interiore che cercava di proteggerci.

La generosità e i suoi rischi

Dare una seconda possibilità è un atto di grande generosità e apertura, ma può anche renderci vulnerabili. È naturale voler vedere il meglio negli altri, credere che tutti abbiano lati positivi da scoprire, e sperare che, con il nostro aiuto, possano migliorare. Tuttavia, non tutti apprezzano questo dono. Ci sono persone che vedono la bontà come un’opportunità da sfruttare, un segno di debolezza piuttosto che di forza.

Non è facile accettare che alcune persone possano approfittare della nostra disponibilità o che non siano in grado di ricambiare la fiducia che abbiamo riposto in loro. Ma è una realtà che, prima o poi, tutti dobbiamo affrontare.

Imparare a fidarsi di sé stessi

La Vera lezione che emerge da queste esperienze non è smettere di fidarsi degli altri, ma imparare a fidarsi di sé stessi. Se l’istinto ci avverte, è perché il nostro inconscio ha colto segnali che la mente razionale non ha ancora elaborato. Ignorare questi segnali significa sottovalutare la nostra capacità di discernimento e aprirci a possibili sofferenze.

Dare una seconda possibilità è una virtù, ma non deve diventare una regola inviolabile. C’è una sottile ma fondamentale differenza tra essere comprensivi ed essere ciechi. Riconoscere i segnali di allarme e agire di conseguenza non significa essere cinici o freddi, ma semplicemente essere realistici e proteggere il proprio benessere emotivo.

La speranza oltre la delusione

Nonostante tutto, ogni delusione porta con sé un insegnamento prezioso. È difficile accettare di essere stati traditi o ingannati, ma queste esperienze ci rendono più consapevoli, più attenti e, soprattutto, più capaci di discernere chi merita davvero il nostro tempo e le nostre energie.

Il fatto di aver dato fiducia a qualcuno che non lo meritava non è una colpa. È una dimostrazione del nostro desiderio di credere nel meglio delle persone. Se c’è una lezione da imparare, non è smettere di credere, ma farlo con maggiore consapevolezza.

Conclusione

La vita è una Maestra severa ma giusta. Le delusioni ci insegnano a conoscerci meglio, a riconoscere i nostri limiti e a dare valore al nostro istinto. Forse, con il tempo, impariamo a bilanciare il desiderio di dare una seconda possibilità con la necessità di ascoltare quella voce interiore che spesso sa già chi abbiamo davanti.

Non è mai troppo tardi per cambiare approccio, per imparare dai propri errori e per proteggere la propria serenità senza rinunciare alla propria generosità. Dopo tutto, anche questo fa parte del viaggio della vita: cadere, rialzarsi e continuare a crescere.
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L'inizio della mia storia in Italia
Con le valigie cariche di ricordi e speranze, mio ​​padre, mia madre, mio fratello ed io, nel 1989 intraprendiamo un viaggio che avrebbe trasformato le nostre vite. L'Italia ci accolse con il calore di una storia familiare già conosciuta: grazie alle nostre origini, riuscimmo a richiedere la cittadinanza italiana e ad accedere ai fondamentali diritti come istruzione, sanità e opportunità lavorative. Rimini, con il suo spirito vibrante e la sua ricca cultura, divenne la nostra nuova casa, un luogo dove ricostruire il nostro futuro.

2001: La Nuova Ondata Migratoria e la Nascita della Nostra Missione

Il 2001 portò una nuova, devastante crisi in Argentina. Migliaia di connazionali, molti dei quali con radici italiane come le nostre, videro nell'Italia l'unica possibilità di rifugio. Quelli che arrivavano erano spesso privi di una rete di supporto, senza una casa e, soprattutto, senza conoscere il complicato percorso burocratico necessario per ottenere la cittadinanza italiana.

Fu in quel contesto che mia madre, insieme a un'amica italo-argentina, decise di fare la differenza. Quello che nacque da un gesto spontaneo di solidarietà si trasformò ben presto in una vera e propria missione: accogliere, orientare e assistere gli italo-argentini nel loro percorso verso la cittadinanza. La nostra casa divenne un punto di riferimento, un rifugio per chi arrivava con nient'altro che il proprio cognome italiano come garanzia di identità.

Con il tempo, compresero che senza una residenza in Italia, nessuno poteva iniziare le pratiche necessarie per ottenere la cittadinanza. Così, apriamo le porte di casa nostra, offrendo un supporto concreto e temporaneo, essenziale per superare una delle prime grandi barriere burocratiche. Quello che era partito come un'iniziativa familiare si è evoluto in un progetto che da allora ha accompagnato centinaia di persone nel loro percorso di rinascita.

Una Missione di Speranza e Solidarietà

Oggi, dopo oltre vent'anni, la nostra missione rimane immutata: nessun italo-argentino deve affrontare da solo il difficile percorso verso la cittadinanza. L'Italia ci ha accolto e, con la consapevolezza delle sfide che abbiamo dovuto superare, continuiamo a lavorare per aprire le stesse porte a chi cerca un nuovo inizio.

Il nostro operato va oltre la semplice assistenza burocratica: si tratta di offrire speranza e sostegno, di tendere una mano a chi è costretto a ricominciare da zero. Abbiamo visto tante storie di sacrificio, impegno e sogni che si realizzano, e ognuna di queste esperienze ci ricorda il valore dell'aiuto consapevole e dell'umanità.

Conclusioni

La nostra storia è una testimonianza vivente di come le radici possano trasformarsi in opportunità e di come l'aiuto, se offerto con il cuore e la professionalità, possa cambiare il destino delle persone. Noi crediamo fermamente che ogni italo-argentino meriti di accedere a una nuova vita in Italia, senza dover lottare da solo contro le difficoltà burocratiche e sociali.

L'Italia ha aperto le sue porte a noi, e noi continuiamo ad aprirle a chiunque cerchi un futuro migliore, dimostrando che la solidarietà e l'impegno possono davvero fare la differenza. Se volete/potete, offrite anche voi il vostro contributo per costruire un mondo migliore, in cui non far sentire soli coloro che affrontano le sfide difficili della vita.
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Crisi vs Opportunità
Quando la Fine è un Nuovo Inizio

Ogni fine non è altro che l'inizio di qualcosa di nuovo. Può essere difficile da accettare nel momento in cui accade, ma spesso è proprio ciò di cui abbiamo bisogno per evolvere. Una porta che si chiude ci costringe a fermarci e a riflettere, spingendoci a rivedere le nostre priorità e ad esplorare strade che, altrimenti, non avremmo mai considerato.

Pensate a quante volte, nella vostra vita, una delusione si è rivelata una benedizione sotto mentite spoglie. Un lavoro perso che ha aperto le porte a una carriera più appagante; una relazione finita che ha lasciato spazio all'incontro con una persona speciale; un sogno infranto che vi ha portato a scoprire una nuova passione.

Sapere Riconoscere le Opportunità

Le opportunità si presentano in modi spesso inaspettati. Non sempre appaiono luminose e facili da cogliere; a volte sono mascherate da sfide o momenti difficili. La chiave è mantenere uno spirito aperto e ottimista, ricordandoci che ogni ostacolo può essere un trampolino di lancio.
E' normale avere paura di lasciare andare ciò che non vi serve più, ma abbandonare il passato, quando non ci appartiene più, è il primo passo per aprirci al futuro. Ogni porta chiusa può essere vista come un invito a crescere e a cambiare.

Il Coraggio di Affrontare il Cambiamento

Affrontare il cambiamento richiede coraggio. È normale temere l'ignoto e provare insicurezza di fronte a un futuro incerto. Tuttavia, con l'esperienza ho imparato che è proprio attraversando l'incertezza che possiamo scoprire chi siamo davvero e ciò che siamo capaci di realizzare, uscendo dalla nostra comoda zona di comfort.

Concludendo

La prossima volta che vi troverete davanti a una porta che si chiude, ricordate che potrebbe essere l'inizio di qualcosa di meraviglioso. Guardatevi intorno, osservate attentamente e cercate quel portone che si sta aprendo per voi. La vita è un viaggio pieno di sorprese e di opportunità, ma sta a noi riconoscerle e afferrarle, a me è successo molte volte nella vita, e anche se inizialmente è difficile da riconoscere e da accettare, una volta che ho imparato a lasciar andare "il vecchio", ho trovato sempre un nuovo e meraviglioso mondo da esplorare.
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La rabbia

Viviamo tutti di fretta. Ci muoviamo con tale rapidità da non accorgerci di chi o cosa stiamo travolgendo mentre procediamo. Non ci fermiamo mai, divoriamo esperienze e relazioni senza essere presenti a noi stessi, senza davvero viverle, spesso lasciandoci alle spalle solo vuoti e superficialità.


Ma qual è la radice di tutto questo? Semplice: non ci conosciamo. Non ci fermiamo a riflettere su chi siamo, su cosa desideriamo davvero e, soprattutto, non abbiamo abbastanza amore per noi stessi. Senza questa cura fondamentale, diventiamo insensibili, incapaci di riconoscere il valore delle cose e delle persone.


E se, invece, decidessimo di fermarci?


L'importanza di rallentare

Immagina di sederti e contemplare un tramonto, lasciandoti avvolgere dalla sua bellezza senza fretta o di restare sotto la pioggia, osservando il cielo e ascoltando il suono delle gocce che cadono, senza cercare riparo, o di provare a gustare una bevanda, un piatto o un dolce lentamente, chiudendo gli occhi per coglierne ogni sfumatura. Oppure pensa al potere di un abbraccio vero: stringere una persona cara con tutto il cuore, o farti stringere da qualcuno che sappia davvero trasmettere calore e conforto. Piccoli gesti, semplici ma profondi, che ci riconnettono con il presente e con noi stessi.


Il mio augurio

Se potessi augurare qualcosa alle persone che amo – e anche a quelle che non conoscono – sarebbe questo: dedica il tuo tempo a ciò che ti fa sentire bene, non sprecarlo inseguendo obiettivi irraggiungibili o cercando di riempire vuoti, fermati, osserva, assapora e lasciati emozionare da ciò che stai facendo e vivendo. La vita è straordinaria, ma lo diventa solo se scegli di viverla in modo autentico. È una decisione che spetta a ciascuno di noi.


Un augurio di consapevolezza

Il mio augurio è che ognuno impari ad ascoltarsi, a prendersi cura di sé e a scegliere il tempo come il dono più importante. Perché il vero cambiamento nasce quando trasformiamo la frenesia in calma, l'insoddisfazione in gratitudine e la distanza in connessione.


Rallenta, vivi, ama. Questo è il segreto.
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